Gli artigiani veneziani si trasformano in attori, per salvare la loro arte

Dai 2.600 del 1976, ai 1.080 di oggi: ora hanno fatto un corso di recitazione, per imparare a raccontare la loro attività davanti ai turisti e battere la concorrenza Made in China. Venerdì lo spettacolo
Giacomo Fallani nella sua serigrafia
Giacomo Fallani nella sua serigrafia

VENEZIA . Non è un promo, e non è una commedia; gli attori non sono veri attori e il pubblico non pagherà il biglietto. Per dimostare al mondo chi sono, cosa fanno e soprattutto come lo fanno, gli artigiani veneziani reciteranno se stessi in uno spettacolo nel quale la finzione scenica è reale necessità di sopravvivenza e la voce di dieci sarà la voce di tutti.

Venerdì sera, al Teatrino Groggia, dopo quattro mesi di lezioni, per la regia di Alberta Toninato, le maestranze saliranno sul palcoscenico e si narreranno. Racconteranno i loro piccoli mondi, la fatica, l’impegno, le soddisfazioni così come potrebbero (dovrebbero) illustrarli ai turisti che entrano nelle loro botteghe: non per farsene vanto, ma per difendersi dal cinese che vende chincaglieria a fianco.

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Il teatro come forma di autotutela, come indice puntato contro la paccottiglia che sta annientando la qualità, come marketing di un brand parcellizzato che potrebbe essere fantastico, racchiude una provocazione che arriva almeno dai poster di un paio di anni fa, quando gli artigiani fecero di modelli di se stessi sotto la scritta “Io non sono una comparsa”.

Lo spettacolo: come partecipare. Sono in dieci, e domani sera, con inizio alle 19, saliranno sul palcoscenico del Teatrino Groggia di Cannaregio (ingresso libero, prenotazione obbligatoria allo 041-529970 o via mail a info@artigianivenezia.it) per lo spettacolo “i Artigiani, tutto xè possibile, niente xè perfetto”, ideato e diretto da Alberta Toninato (nella foto).

Dalla tappezziera all'impiantista. In ordine sparso, diventeranno attori per una sera la decoratrice Severina Rizzolo, l’impiraressa Giorgia Manenti, la tappezziera Valentina Bonafè, la coordinatrice Roberta Dal Corso, il restauratore Marco Lachin, il fiorista Andrea Dabalà, il fotografo Roberto Moro, l’impiantista Massimiliano Rasa, il serigrafo Gianpaolo Fallani, il decoratore Gregorio Bacci. «Ogni attore ha il suo copione e avrà il suo spazio nell’ambito dello spettacolo - spiega la regista - nel quale racconterà la propria professione, la propria storia e il rapporto con la città di Venezia». 

Oltre 2.600 quelli presenti in centro storico quarant’anni fa, passati poi a 1.600 nel 2002 e ridotti a 1.080 nel 2017, meno della metà, come i residenti, con interi settori che stanno scomparendo, come i fotografi, i barbieri, i fioristi e i “fritolin”, che oggi sono rimasti in due.

«Venezia sta sprofondando in una fruizione sempre più becera, ostaggio di un turismo deambulante che cerca di portare a casa, in pochi minuti, un pezzo di città - ha spiegato il segretario di Confartigianato Venezia, Gianni De Checchi, presentando ieri l’iniziativa insieme al presidente Andrea Bertoldini, alla regista e ad alcuni artigiani-attori - gli artigiani sono le persone sulle quali la città deve investire per i prossimi dieci anni, altrimenti è spacciata. Quello che fa la differenza, a questo punto, è la capacità di sapersi raccontare».

Ecco, allora, l’idea di Alberta Toninato: uno spettacolo per aiutare gli artigiani a «liberarsi della corazza» e a tirare fuori quello che sono. L’esperienza pilota ha già avuto un seguito, e cioè un corso di storytelling per abituare chi lavora con le mani a usare anche la voce. Ogni racconto sarà poi accompagnato da un video, in collaborazione con la Regione Veneto, a futura memoria.

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