Figlia morta a 23 anni in un incidente a San Donà, lo strazio senza fine di due genitori
Nello schianto del dicembre 2019 morirono altri due ragazzi. Il dolore della famiglia Brescaccin, appena contattati dall’avvocato della controparte: «Non è stata solo colpa di nostra figlia»

SAN DONA’. Uno strazio senza fine. E’ quello che continuano a vivere i genitori di Chiara Brescaccin, morta a 23 anni, nel dicembre 2019, in un incidente stradale in cui persero la cita anche Matteo Gava, 20 anni, di Salgareda, un suo collega di lavoro che viaggiava come passeggero sulla Fiat Punto che stava guidando, e Giulia Bincoletto, 25 anni, di San Donà di Piave, conducente dell’altra vettura coinvolta nel tremendo frontale, una Citroen C3.

L’avvocato di controparte li ha invitati a una negoziazione assistita «per risolvere in via amichevole la controversia», prodromo di una causa. Ma, soprattutto, il tentativo, secondo i genitori di Chiara, di addossare tutta la colpa alla loro ragazza, che era sobria, laddove invece l’altra conducente, come sostiene lo Studio 3A a cui la famiglia si è affidata, «guidava in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti».

L’incidente mortale era avvenuto il 15 dicembre 2019, alle 2.20 in via Martiri delle Foibe, a San Donà. Le due auto stavano percorrendo con opposte direzioni (verso Noventa di Piave la Punto, verso San Donà la C3). In quello schianto che aveva ridotto le vetture un groviglio di lamiere non era sopravvissuto nessuno degli occupanti. Non ci sono testimoni, se non automobilisti transitati dopo, che hanno dato l’allarme e prestato i primi, inutili, soccorsi; i carabinieri della locale stazione, che hanno effettuato i rilievi, non hanno rinvenuto nessuna telecamera che potesse restituire immagini utili. Nè d’altra parte è stata condotta un’indagine della magistratura in quanto, con il decesso di entrambe le conducenti, è automaticamente venuto meno qualsiasi procedimento penale.
«I genitori di Chiara sono consapevoli che l’azione rientra nei diritti della controparte» si legge in una nota dello Studio 3A «ma la prospettiva, dopo tutto ciò che hanno passato, di essere anche citati in una causa civile, per quanto saranno poi le compagnie delle due auto a vedersela tra loro, non può che destare in loro profonda ansia e, soprattutto, non ci stanno che si tenti di gettare tutta quanta “la croce” addosso a Chiara, ad ascriverle tutta la responsabilità del sinistro, anche per il rispetto della sua memoria».
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