Droga a fiumi, estradato il boss Vadalà

Antonino Vadalà, 43enne di Reggio Calabria, è rientrato ieri in Italia, come richiesto dalla procura veneziana. Vadalà è arrivato all’aeroporto di Fiumicino poco dopo mezzogiorno, scortato da personale dello Scip – Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Vadalà infatti era stato arrestato in Slovacchia nelle scorse settimane in seguito dell’indagine su droga e’ndrangheta della Dda di Venezia che aveva smantellato un’associazione a delinquere di matrice ’ndranghetista radicata in Veneto dedita al traffico internazionale di stupefacenti e al riciclaggio di denaro. In precedenza Vadalà era stato fermato e poi rilasciato dalle autorità slovacche poiché sospettato di essere coinvolto nell’omicidio del giornalista Jan Kuciak e della sua fidanzata. Le indagini, che hanno portato all’estradizione di Vadalà, coordinate dalla Dda di Venezia, sono state condotte dal Gico – seconda sezione criminalità organizzata del Nucleo Polizia Economico Finanziaria di Venezia con il supporto operativo per l’estero dello Scip, in sinergia con le autorità di coordinamento di giustizia europee e le autorità slovacche. All’arrivo a Fiumicino, Vadalà è stato trasferito nel carcere di Regina Coeli, dove con ogni probabilità nei prossimi giorni verrà sentito dalla procura veneziana. Per l’inchiesta veneziana Vadalà, detto «il bovino» – così veniva chiamato – è l’uomo che creava i canali di importazione leciti dal Sudamerica che venivano utilizzati per coprire i traffici di droga. L’inchiesta di marzo, coordinata dalla pm della Dda Paola Tonini, aveva portato all’arresto di 17 persone, facenti parte di una organizzazione legata alla ’ndrangheta il cui capo, Attilio Vittorio Violi, calabrese della ’ndrina Morabito di Africo - pur essendo in carcere proprio per traffico di droga - cercava di riorganizzare il traffico smistando pizzini ai parenti. Nell’ordinanza di custodia cautelare si legge che, nella ricostruzione dell’organizzazione, «Vadalà ha contribuito alla creazione di un canale commerciale di merce lecita proveniente dall’Ecuador da utilizzare per l’importazione di grossi carichi di cocaina». È accusato di associazione a delinquere, riciclaggio e auto-riciclaggio. Stando alle indagini dei finanzieri del Gico è stato proprio Vadalà a promuovere un’operazione nel maggio del 2015, poi fallita, per la tentata importazione di 70 kg di cocaina. Operazione organizzata e gestita in una serie di incontri tra Vadalà e gli altri membri del gruppo – tra loro un infiltrato della Finanza – tra settembre 2014 e aprile 2015. Il summit principale per definire l’operazione si tenne al Valecenter di Marcon il 17 settembre del 2014. Oltre a Vadalà ci sono Violi, Zappia e l’Undercover. «Carichiamo banane, cereali, arachidi, qualche cazzata la carichiamo», dice Vadalà che prospetta di voler operare importazioni di 200-300 chili di cocaina per volta. È Vadala a promuovere l’iniziativa. La droga, stando al piano di Vadalà, doveva fermarsi in Italia mentre la merce di copertura doveva raggiungere la Slovacchia. A proposito della Slovacchia Vadala dice: «Io ho cinque ettari dove c’è il deposito doganale più grande della Slovacchia, dentro c’è la finanza dentro, il container arriva e il capo là, l’ho messo io capisci, ...lui deve solo tirare i piombi e se ne va». All’agente sotto copertura spiega di avere contatti alla dogana e tra i servizi segreti - «Li conosco tutti» - per fare ispezioni di facciata. Dopo la fallita importazione di droga del maggio del 2015, Violi decise di restituire a Vadalà la somma di 125 mila euro che aveva mandato con bonifico per l’operazione di maggio, perché lo riteneva non affidabile.
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