Corruzione allo Spisal, parla Lafisca

Irregolarità nello smaltimento dell'amianto, l'ex dirigente è testimone
Lavori per la messa in sicurezza di materiale a base di fibre d’amianto
Lavori per la messa in sicurezza di materiale a base di fibre d’amianto
 Prosegue il processo per la corruzione allo Spisal dell'Asl 12 e ieri ha testimoniato Sergio Lafisca, all'epoca dei fatti responsabile del Dipartimento prevenzione: ha raccontato, rispondendo alle domande del pm Paola Mossa, le numerose segnalazioni giunte fin dal 2000 sul suo tavolo sulle irregolarità nella gestione dei lavori per lo smaltimento dell'amianto. In aula l'avvocato mestrino Paola D'Alessandro, compagna del biologo e vicecapo dello Spisal Massimo Guidi, già condannato a tre anni e mezzo di reclusione assieme all'imprenditore Marino Abbadir (condannato a un anno e otto mesi), titolare dell'Eureka di Marghera e del laboratorio «R&C Scientifica», e il direttore di quest'ultimo Emilio Urbani.  Il primo esposto circostanziato - ha riferito Lafisca - arriva nel giugno del 2000. Tra l'altro, non era anonimo, era firmato da un tecnico dello Spisal, Giorgio Perini, il quale segnalava numerose irregolarità. Innanzitutto sosteneva che i prelievi dell'aria nei luoghi di lavoro con le apposite pompe per appurare se vi fosse polvere di amianto non venivano compiuti dai tecnici dell'Asl, bensì dalle stesse aziende; in secondo luogo affermava che c'erano pressioni perchè le aziende si rivolgessero per le analisi sempre allo stesso laboratorio, quello di Abbadir. «La lettera, dopo aver consultato il direttore generale - ha aggiunto Lafisca - la consegnai alla Procura e all'interno dell'Asl non avviammo alcun accertamento per non mettere sul chi vive gli interessati».  La seconda segnalazione a Lafisca arriva quattro anni dopo: i titolari della «Sadeco», un'impresa che lavora nel settore della bionifica e smaltimento dell'amianto, avvertono che Guidi discrimina tra le ditte, favorendo la «Eureka». Quindi l'anno dopo, una dirigente del laboratorio «Kelab» senza mezzi termini racconta che la prassi comune di Guidi allo Spisal è quella di imporre il laboratorio «R&C» a tutti. Infine, l'esposto firmato dai dirigenti dell'Azienda comunale per i servizi e la mobilità. «I tecnici dell'Azienda avevano chiesto un parere a Guidi - ha sostenuto Lafisca - su quello che dovevano fare per i tubi in amianto che avevano trovato durante gli scavi per i lavori del tram a Mestre. Lui gli aveva spiegato che dovevano smaltirli. Allora io convocai i tecnici dell'Arpav e dopo un incontro si chiarì che non era necessario e che potevano restare dove erano». Le indagini della Procura cominciarono soltanto nel 2006 e Guidi, Abbadir e D'Alessandro finirono in manette il 12 settembre di quell'anno.

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