La prima linea della madri. Provate voi a stare in reparto per dieci ore, a cercare qualcuno che tenga i bambini e a sentirvi rispondere di no, per la paura di essere contagiati. Provate voi a lavorare da casa - lo chiamano smart working - telefonare, redarre documenti, preparare teleconferenze. Con le scuole chiuse e i bambini a casa, bisogna correre tra l’angolo trasformato in ufficio e la cameretta dei piccoli. E pazienza se qualche volta, durante la video-conferenza, fa capolino un piccolo che piange.
In un Paese in cui il welfare è troppo spesso imperniato sui nonni - beato chi ce li ha - e resta molto difficile conciliare lavoro e famiglia, ai tempi del Covid-19 tutto diventa più difficile. Su 9 milioni e 872.000 occupate, nel nostro Paese, le mamme sono circa 5,4 milioni e, di queste, 3 milioni hanno almeno un figlio con meno di 15 anni. Saranno loro - secondo uno studio diffuso ieri della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro - quelle più in difficoltà nei prossimi mesi, soprattutto se non riapriranno le scuole.
Nei giorni scorsi l’artista di Bristol Banksy ha pubblicato un disegno omaggio alle infermiere. Si vede un bambino che, lasciando i pupazzi di Batman e dell’Uomo ragno nel cestino dei giochi, gioca con l’infermiera. Aspettando quel Paese in cui le mamme non saranno più costrette a indossare il mantello per coniugare lavoro e famiglia, ascoltiamo dieci di loro che raccontano le loro storie e le loro vite stra-ordinarie.

Carla Roma ed Emanuela Celant (a destra)
EMANUELA CELANT, estetista di Scorzè: «Due mesi da incubo, ma ora mio marito sta bene»
«Da quando Federico è a casa, per me è festa tutti i giorni. E questa è la festa della mamma più bella che mi potesse capitare, la più bella della mia vita». La quotidianità casalinga che molti, in questi due mesi, hanno potuto riassaporare è una novità per Emanuela Celant, estetista e mamma di Scorzè, che per due mesi ha pregato per il marito Federico Rotunno (odontoiatra 42enne) e il papà Giacomo (77 anni), ricoverati all'Angelo per Covid. A farle forza erano la madre e il figlio Ares, di 8 anni. Ora Federico è tornato a casa, mentre per Giacomo è questione di giorni. «Abbiamo festeggiato la festa della mamma tutti e quattro, sotto il gazebo nel giardino, godendoci il sole e sperando che papà possa tornare presto a casa» racconta la donna. «Quello che sto vivendo è un momento senza tempo, speciale. Ho ricomposto la mia famiglia e non c'è niente di più importante». Niente grande pranzo per la festa della mamma, solo il ritorno alla quotidianità. «Anche perché il menu che Federico deve seguire è molto rigoroso» spiega Emanuela. «Ha già recuperato 5 chili, ma ne mancano altri 15. E poi ci sono fisioterapia e logopedia». Un percorso affrontato con il sorriso. «Colazione, pranzo e cena sono splendide pause da vivere con calma per parlare, come non facevamo da tempo. La sera è bellissimo vedere il mio piccolo Ares dormire abbracciato al papà. È il regalo più bello per la festa della mamma».
FRIDA BUBOLA, vigile del fuoco di Mestre: «Gestire la famiglia? Lavoro di squadra: ci salvano i turni»
«In questo momento penso a tantissime altre madri che sono costrette a casa chi senza lavoro e chi in telelavoro. Noi siamo fortunati che usciamo e stacchiamo con la testa da una situazione che non è facile per nessuno, immaginiamo per quelle donne che devono lavorare e nel contempo accudire i figli a casa. Il mio non è un lavoro straordinario è un lavoro come altri. È vero che le donne sono poche nei vigili del fuoco, ma ci sono». Frida Bubola è sposata e ha due figli di 11 e 14 anni. Dal 2014 è un vigile del fuoco che lavora al distaccamento di Mestre ed è collega del marito, perché anche lui è un pompiere. Questo mestiere mi consente, grazie ai turni, di essere a casa con i figli più di quanto uno possa pensare. Io paragono la gestione della famiglia con il lavoro di squadra che c’è nei vigili del fuoco. Solo così puoi gestire certe situazioni, anche complesse, che devi affrontare. Sul lavoro c’è la squadra dei colleghi, a casa il marito e i famigliari. Rispetto ad altre sono più che fortunata. Nessuno dei due figli vuole fare il nostro mestiere. Hanno già idee chiare su quello che sarà il loro futuro. Nel giorno della mamma vorrei anche ricordare tutti quei papà che in questi ultimi mesi hanno dovuto confrontarsi con un ruolo che non avevano mai sperimentato: dal cambiare pannolini a fare da mangiare o a far giocare i piccoli. Non è semplice per chi non lo ha mai fatto».

Martina Moretto e (a destra) Frida Bubola
FEDERICA BASETTO, avvocato di San Stino:
«In studio all’alba, poi di corsa a casa per i compiti»
«Sveglia alle 5.15 della mattina, in studio alle 6 nella speranza di finire almeno entro l’ora di pranzo. E poi, sotto con i compiti dei bimbi». Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, la quotidianità si è stravolta anche per Federica Bassetto, avvocato penalista di San Stino di Livenza. I suoi figli, due gemelli di nove anni in quarta elementare, non sono più tornati a scuola dalla fine delle vacanze di Carnevale. Se all’inizio, lei e suo marito sono stati aiutati dai nonni, con l’aggravarsi della situazione i due genitori hanno preferito non correre rischi. Così, abituati all’orario continuato, i due ragazzi di punto in bianco si sono trovati alle prese con lezioni online e con abitudini sconosciute. «Un delirio, tra il lavoro di mio marito come imprenditore e il mio come avvocato», dice Federica Bassetto. Abituata da una professione tanto affascinante quanto impegnativa a stare fuori casa dalle 8 di mattina alle 20, ha dovuto resettare orari e abitudini. Perché se è vero che le udienze in tribunale si sono interrotte, pratiche e faldoni da studiare si sono accumulati. «Ho capito che dovevo ottimizzare il tempo, per questo ormai metto la sveglia all’alba», racconta. Liberandosi nel primo pomeriggio, riesce a cucinare il pranzo ai suoi due figli e ad aiutarli nei compiti alternandosi con il marito. «Certo», conclude ridendoci su, «è capitato di avere videoconferenze con colleghi interrotte dai bambini: “Mamma, ho fame”. Ma va bene così».
GABRIELLA BABUIN, insegnante di Jesolo:
«Maestra spaesata in una scuola nel mondo virtuale»
I video e la voce per non interrompere l'insegnamento e soprattutto i rapporti con gli studenti. Gabriella Babuin è una docente di Jesolo e una mamma con due figlie ancora giovani. Lei come tante insegnanti delle scuole primarie non si è mai fermata in questi mesi di emergenza sanitaria e restrizioni che hanno colpito proprio il mondo della scuola. E ha organizzato lezioni in rete, leggendo i libri assieme agli alunni, sempre in video per guardarsi ancora negli occhi. «È stato faticoso e molto difficile ricreare quella che è la scuola nel mondo virtuale» spiega la docente jesolana «Senza più aule, scambi e confronto, ma anche discussione. Quello che soprattutto è mancato ai docenti e ai ragazzi è il vero rapporto umano che è alla base dell'insegnamento. Abbiamo fatto video e chat, poi le letture di libri assieme ai bambini. Tante attività per mantenere le relazioni con gli studenti che erano spaesati e confusi». «Oggi sarà una festa della mamma un po' diversa», conclude «limitata, anche per gli stessi bambini che vivono questo periodo con anSia e paura. Vorremmo riflettessero di più sugli affetti. Molte di noi hanno sempre lavorato, senza sosta perchè il nostro è un lavoro in cui cerchi di esserci sempre e devi tenere conto della diversità tra i ragazzi che hai nella tua classe. Bisogna creare quel qualcosa che sia comprensibile a tutti attraverso la tua voce».

Gabriella Babuin e (a destra) Valentina Bonifacio
VALENTINA BONIFACIO, docente a Ca' Foscari:
«Amico a 4 zampe per mia figlia in crisi da quarantena»
Il compagno è rimasto bloccato in un altro Stato, il padre abita fuori Italia e tutti i quattro nonni vivono in altre regioni. Così Valentina Bonifacio, docente di Antropologia culturale di Ca’ Foscari, si è ritrovata da sola per tutta la quarantena con la figlia di 10 anni e mezzo. Per fortuna, proprio qualche giorno prima del lockdown, in casa è arrivato l’attesissimo Blu, un batuffolo bianco maltese. «È stata un’esperienza indimenticabile» spiega la docente «È stato bello stare così tanto tempo con mia figlia, ma ho trovato assurdo che lo Stato abbia concesso una baby sitter, ma non la possibilità di solidarizzare con un’altra famiglia nella stessa situazione». Bonifacio ha continuato a lavorare da casa, ma sapendo che in quelle ore la bambina era da sola, in compagnia dell’amico a quattro zampe. «La prima domanda del giorno era sempre: mamma quante ore lavori oggi? Mia figlia ha scoperto la passione per la lettura e ha anche iniziato ad aiutarmi in casa» racconta «Abbiamo cucinato tanto, mentre in genere siamo sempre di fretta. In più ha iniziato a prepararmi lei il pranzo facendo la carbonara o la pasta al ragù». Tra i momenti più divertenti c’è stata la ginnastica: «Io, lei è il mio compagno ballavamo la Zumba su Skype e ci siamo divertiti molto» conclude «Come mamma ho imparato a non perdere mai la calma e a trovare sempre qualcosa di curioso da fare insieme».
MARTINA MORETTO, macellaria di Scorzè:
«Devo improvvisarmi maestra di mio figlio»
La quarantena è servita a fare un salto indietro nel tempo, e riscoprire la scuola che fu, quella senza il computer in casa, anche se allo smartphone non si può rinunciare. Martina Moretto ha 36 anni, abita a Cappella di Scorzè e da dicembre fa la macellaia. Ha due bambini, Daniel di 7 anni e Nicole di quasi 3, perché il compleanno sarà tra pochi giorni. In queste settimane non ha interrotto il lavoro, a differenza del marito Samuele che ha abbassato le serrande del suo bar. La quarantena è stata dura specie all’inizio. «Non è stato facile spiegare perché si rimaneva a casa» rivela la donna «e non si potevano frequentare gli amici. Ma abbiamo detto che si sarebbe dovuto andare avanti e a Daniel avremmo fatto noi da maestri». Così la donna ha riscoperto le ricerche che si facevano una volta in classe, i ritagli di giornale, il collage per fare le ricerche. «Non abbiamo un computer in casa per scelta» racconta «e ci siamo adeguati in altro modo, non facendo mai perdere una lezione a nostro figlio. Ci facciamo spedire i compiti via Whatsapp, usiamo le applicazioni e in questi giorni, per la Festa della mamma, grazie alle maestre, Daniel ha realizzato un fiore di carta e scritto una poesia». Cosa significa essere mamma in questo 2020 all’insegna del Covid-19? «Dobbiamo essere orgogliose di quanto facciamo» risponde «e i nostri figli non ci vogliono perfette ma presenti».

Federica Bassetto e (a destra) Alessandra Bascià
CARLA ROMA, titolare di un locale a Portogruaro: «I
proprietari del locale ci aiutano, altrimenti...»
Gestisce uno dei più importanti locali del centro di Portogruaro, “L'arrosticino” e nel contempo fa la mamma di due splendidi bambini. Carla Roma ha 34 anni, vive a Teglio Veneto, ma è portogruarese e gestisce la rosticceria e pizzeria che sorge accanto ai licei del centro storico di Corso Martiri. Senza gli studenti si lavora poco, e in questi giorni è riuscita a riaprire il locale grazie alla possibilità di consegnare le pietanze per asporto. Specialità meridionali e settentrionali succulente mettono a dura prova le papille gustative di tutti. «In questi tempi non è facile per niente lavorare e mantenere la famiglia, ma ci provo, grazie anche all'impegno di mio marito Ermanno Iapilone. Sono convinta» dice Carla «che qualcuno debba venirci incontro, perchè rischiamo di non avere le risorse giuste per andare avanti». Un problema, quello di Carla Roma, molto comune ad altri esercenti di Portogruaro. «I proprietari dei muri devono venirci incontro, perchè il periodo sta diventando duro. L'inattività si è fatta sentire. Però andiamo avanti». A insegnarle a fare le pizze è stato proprio Iapilone. «Lei è la mia allieva preferita» conclude Ermanno «ha imparato subito. Non ci fa paura il Covid-19, ci fa paura quello che ci aspetta dopo l'emergenza. Sono in molti, infatti, a rischiare la chiusura». Ma oggi è la festa della mamma, e tra i sacchi di farina e il forno, ci sarà tempo per festeggiare.
ALESSANDRA BASCIA', funzionaria VvFf di Venezia:
«Molti sono in difficoltà, io sono fortunata»
«A volte noi statali tendiamo a lamentarci un po’ troppo, perché siamo pochi, perché siamo pagati poco. In realtà siamo fortunati, basti pensare a questo periodo in cui moltissimi non lavorano e altri hanno perso il lavoro. Lo dico anche da mamma. Abbiamo garanzie che altri si sognano e possiamo gestire i figli in maniera più facile». Alessandra Bascià, calabrese, funzionario dei vigili del fuoco. In servizio presso il Comando Provinciale di Venezia dal 2005. Attualmente è responsabile del Servizio di Prevenzione Incendi e dell'ufficio di Polizia Giudiziaria. È la mamma di Lorenzo. «Il bambino a tre anni e mezzo e nonostante i turni riesco a stare assieme parecchio. In passato i turni erano molti di più. Lorenzo comunque riesce a capire e sa che devo andare dai pompieri, come dice lui. In questo periodo che sono molto più a casa mi chiede se non vado dai pompieri e alla mia risposta affermativa mi dice: poi però torni da me vero? A lui i pompieri piacciono anche perché alcuni lo hanno fatto salire in camion e sull’autoscala. Poi ha imparato a conoscerne alcuni e quando sto per uscire mi dice di salutarli. Capisco molte madri quanto ora siano in difficoltà rispetto a noi che per fortuna possiamo continuare a lavorare. Sono in difficoltà per lo stipendio che non arriva, per il lavoro perso e perché devono lavorare da casa. Quando ci lamentiamo dobbiamo pensare anche a
questo».

Alessandra D'Avanzo e Jane Caporal
ALESSANDRA D'AVANZO, commissario capo di Polizia:
«Addio reparti operativi con l’arrivo di Samuele»
«L’arrivo di Samuele ha sicuramente cambiato la prospettiva che avevo del mio lavoro. Appena arrivata in Questura a Venezia, quando mi era stato chiesto dove preferivo andare avevo indicato uffici operativi: Squadra Mobile, Ufficio volanti o un Commissariato. Per il momento devo rinunciare a questa prospettiva del mio lavoro. Più avanti chissà. Ma non mi pesa». Alessandra D’Avanzo è un commissario capo della Polizia e lavora nell’Ufficio di Gabinetto della Questura di Venezia dal 2017. È mamma dal 2018. «Quando ho iniziato al Gabinetto sapevo l’ora in cui cominciavo, ma non quella del termine. Ora con il bambino è diverso, non ho più le giornate infinite di prima. Devo dire che anche grazie al mio dirigente che dimostra sensibilità non indifferente per i problemi che ci possono essere nel gestire un bambino. Per cui posso regolare la mia vita anche in funzione di Samuele. E in questo mi reputo fortunata rispetto a tante altre madri. Del resto io non saprei cosa fare in quanto non posso contare su quella rete meravigliosa che è la famiglia. Io abito lontano dai miei. Un’altra fortuna è stata quella di trovare una baby sitter e la sua famiglia che con Samuele sono meravigliosi. Per me è stato come trovare una seconda famiglia. Senza di loro non saprei veramente cosa fare. Anche perché non mi andava di portare a scuola subito il piccolo».
JANE CAPORAL, vogatrice di Venezia:
«Pranzo virtuale riunendo la famiglia a tavola sui social»
«Per oggi ha preparato un pranzo virtuale con un brindisi assieme alla famiglia, marito, figli e suoceri friulani. «Li invito sui social, poi facendo finta di essere vicini li metterò a tavola alla stessa ora». Jane Caporal, classe 1962, è cresciuta in Europa e Australia. Da 30 anni vive a Venezia. Qui si è innamorata, sposata e diventata mamma due volte, Charles nato nel 1990 (lavora a Londra) e Michael nel 2002. Si commuove quando ricorda il matrimonio celebrato nella chiesa dei Miracoli. «Volevo vivere in un posto speciale con un approccio ecosostenibile, a contatto con l'acqua e farne davvero parte», spiega Jane. «I miei sogni si sono realizzati, tranne quello di aver imparato bene la lingua italiana. Però ho dei bravi maestri, mio marito e i miei due figli», dice sorridendo. Il suo motto è: «Fate le mamme, è bello. L'avventura è impegnativa ma ne vale la pena. Per i figli devi esserci sempre e desiderare la loro felicità. Ogni passaggio della crescita ripaga le fatiche». Jane è mamma multitasking. Campionessa e insegnante di voga alla veneta ha fondato Row Venice, un'organizzazione no profit al femminile nata per supportare donne, giovani e realtà legate al mondo del remo integrando cultura, qualità e solidarietà. «Non c'è niente di più veneziano. Perché nelle scuole non rendono obbligatori il nuoto e la voga, modi per creare nei giovani legami con la città?».