Commissario o vendita Due ipotesi per la Pansac

di Francesco Furlan
MIRA
Vendita-spezzatino o amministrazione straordinaria, con relativo commissario. Se le banche non dovessero aprire nuove linee di credito sono due le ipotesi nel futuro di Pansac per allontanare lo spettro del fallimento.
L'azienda è precipitata nel baratro dopo che venerdì l'amministratore delegato Stefano Lupi ha annunciato la chiusura di tutti gli stabilimenti, intanto per una settimana, a causa della situazione di insolvenza dell'azienda, che si è vista bocciare dalle banche il nuovo piano industriale che era stato presentato lunedì. Senza soldi, senza materie prime, si chiude bottega. A casa restano circa 850 lavoratori, di cui 578 nel Veneziano, tra gli stabilimento di Mira, Marghera e Portogruaro.
Per capire le ragioni di questo stop alla Pansac bisogna andare a rileggersi il primo piano di rilancio approvato dalle banche nell'agosto 2010 che garantiva nello stabilimento di Mira, entro il maggio 2011, l'attivazione di 24 linee produttive: un risultato mai lontanamente raggiunto. In media nelle ultime settimane erano accese tra le 12 e le 15 linee. Dopo l'assemblea dei lavoratori di venerdì sera e la decisione di continuare il presidio dello stabilimento di Mira, così come si sta facendo nelle altre sedi del gruppo, per il gruppo affondato dalla gestione di Fabrizio Lori si apre una settimana decisiva.
Domani la nuova assemblea dei lavoratori, tra domani e martedì un paio di manifestazioni di cui si sta discutendo (il blocco della Romea e una manifestazione davanti ad Unicredit, una delle principali banche che ha bocciato il piano), mercoledì l'incontro al ministero dello Sviliuppo economico, ben sapendo che a Roma però oggi ci sono anche altre gatte da pelare. Per Massimo Meneghetti di Femca Cisl e Maurizio Don di Uilcem è necessario che le istituzioni locali convincano il pool di banche «a far ripartire il progetto industriale».
«Arrivati a questo punto – aggiungono in una nota – l’obiettivo è quello di ottenere l’avvio di una procedura di amministrazione straordinaria e la nomina di una persona super partes, di estrema affidabilità, che dia prospettive». Per Riccardo Colletti di Filctem Cgil «i tempi per la procedura di amministrazione straordinaria rischiano di essere troppo lunghi. Ecco perché si può valutare la cessione di rami d’azienda appetibili sul mercato».
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