Claudia Zennaro parla al giudice «Porte aperte a tutti nel patronato»

Per l’accusa formulata dal sostituto procuratore Roberto Terzo, Claudia Zennaro era la segretaria dell’appendice di Eraclea del clan dei Casalesi. Avrebbe continuato ad essere una sodale anche quando, dal 2014, aveva lasciato la ditta Imperial Agency, compresa nell’orbita dell’organizzazione del boss Luciano Donadio, per essere assunta (da luglio) al patronato Labor di San Donà, alle cui dipendenze è ancora oggi. Lei, 39enne di Noventa, già nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Piacenza, dov’è detenuta nella sezione di alta sicurezza, aveva fermamente respinto ogni accusa.
Venerdì sera, davanti al magistrato veneziano e agli agenti della polizia giudiziaria, ha scelto di fare dichiarazioni spontanee. È la prima indagata che ha deciso di parlare con il titolare della maxi indagine. Un’ora di faccia a faccia durante il quale, difesa dall’avvocato Enrico Villanova, Claudia Zennaro ha spiegato la sua verità. È accusata di aver partecipato all’associazione attraverso il riciclaggio di denaro su conti esteri, il reimpiego di proventi illeciti attraverso il pagamento fittizio di stipendi, le false fatture, la falsificazione di documenti legati al lavoro. Stando all’ordinanza, la donna non avrebbe smesso il sodalizio con Luciano Donadio anche quando lavorava al patronato, svolgendo pratiche per conto dei sodali. «Come impiegata del patronato non poteva rifiutarsi di accogliere ogni persona che si presentava, secondo il principio della porta aperta che è alla base dell’accordo tra Inps e patronati», spiega il suo difensore, «Ogni pratica si istruisce su responsabilità del cittadino, poi spetta all’Inps fare i controlli».
Di certo Claudia Zennaro, nei due anni e rotti alle dipendenze della Imperial Agency (dalla fine del 2011 a gennaio 2014), aveva conosciuto molte persone che poi si erano rivolte a lei, quando si era trasferita al patronato, per pratiche personali come le richieste per l’indennità di disoccupazione o le pratiche per la pensione. «La mia cliente ha scoperto il mondo dei Casalesi leggendo l’ordinanza», chiarisce l’avvocato Villanova.
Quanto invece alle accuse formulate dalla Dda relative al periodo in cui era segretaria dell’azienda legata a Donadio, Zennaro si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Le contestazioni, spiega il difensore, sono basate su stralci di intercettazioni ambientali e telefoniche che risalgono al 2012 e 2013. «Una adeguata difesa è possibile solo dopo aver contestualizzato quelle frasi che, così come sono ora, sono interpretabili. Per la Procura sono segno della connivenza con l’associazione per delinquere, per Zennaro si tratta di comunicazioni normali nell’ufficio di una azienda». Per questo la donna si farà interrogare sul punto solo dopo che saranno depositate tutte le carte delle intercettazioni.
Intanto l’avvocato Villanova ha depositato la richiesta di riesame sulla misura cautelare che sarà discussa lunedì 11 marzo. «La mia cliente confida di poter uscire quanto prima dal carcere e da questa vicenda per riprendere il lavoro di cui è orgogliosa ma capisce come in questa fase sia necessario lasciar lavorare la magistratura con tranquillità». —
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia