Centro di fusione nucleare La rincorsa di Marghera

Chiuso il bando si aspetta la decisione della commissione di esperti dell’Enea Le aree individuate non sono ancora state acquisite dal Comune e risanate

MARGHERA. Il conto alla rovescia per decidere il sito che ospiterà il primo prototipo di reattore a fusione nucleare è cominciato, ma Porto Marghera parte sfavorita. Non tanto per la mancanza di aree dove realizzarlo, ma per lo stato in cui si trovano le aree individuate, ancora di proprietà di Syndial, la società dell’Eni che da tre anni vuole cederle al Comune di Venezia con una dote di 38 milioni di euro per bonificarle o metterle in sicurezza. Il bando si è chiuso lo scorso 31 dicembre e solo il mese prossimo – entro il 10 aprile – sarà reso pubblico dall’Enea il nome del sito italiano che, tra i nove candidati in lizza, è destinato ad ospiterà il Dtt (Divertor Tokamak Test), un reattore sperimentale per la ricerca sulla produzione di energia elettrica imitando il processo di “fusione nucleare” che avviene nella stella a noi più vicina, il Sole. Il reattore e tutta l’area di ricerca che ci ruota attorno sono in grado di mobilitare un investimento da 500 milioni di euro dell’Unione Europea, capace di creare oltre mille posti di lavoro. Per Porto Marghera, che ancora sconta le conseguenze della chiusura di quasi tutti i cicli produttivi chimici e siderurgici che davano da lavorare a migliaia di persone sarebbe davvero un’occasione storica di invertire il suo processo di declino industriale e per rivitalizzare almeno una parte delle centinaia di ettari di aree dismesse tutt’ora abbandonate a se stesse. Il sito di Porto Marghera è stato candidato da Regione Veneto, Comune di Venezia e Università di Padova e una decina di giorni fa è stato visitato da una delegazione dell’Enea che sta visitando tutti i nove luoghi che si sono candidati ad ospitare il Dtt e sta vagliando la documentazione pervenuta. Il punto debole del sito di Porto Marghera è lo stato dell’area indicata da Regione Veneto e Comune di Venezia. La commissione aggiudicatrice, infatti, dovrà valutare la rispondenza ai requisiti del bando dei siti candidati, in particolare: l’estensione dell’area, la compatibilità con il piano regolatore urbanistico, le certificazioni ambientali, la presenza di infrastrutture e aree industriali e le eventuali sinergie.

A quanto risulta, la debolezza della candidatura di Porto Marghera sta nel fatto che le aree indicate dal sindaco Luigi Brugnaro per ospitare il centro di ricerca con il Dtt fanno parte dei 107 ettari – distribuiti a macchia di leopardo e ancora da risanare o mettere in sicurezza permanente– non sono ancora di proprietà del Comune, malgrado con Syndial (Eni) sia stato sottoscritto un preliminare 3 anni fa, mai arrivato al rogito per assegnarle alla società del Comune (Marghera Eco Industries), una società appositamente creata ma mai decollata.

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