Burano, ritorna il turismo ed è un bene «Ma con questo caos piovono le disdette»

La protesta degli operatori dell’isola: «Una vergogna la gestione dei collegamenti» 
E.p.

IL VIAGGIO

Il silenzio tombale in cui Burano era piombata durante il freddo inverno in lockdown è ormai un lontano ricordo. L’isola è tornata una Babele di lingue straniere. Un via vai dentro e fuori le botteghe artigianali, i tavoli dei ristoranti di nuovo apparecchiati, reflex al collo dei turisti per immortalare le tipiche case colorate. Eppure, non è tutto oro quel che luccica. È il problema dei trasporti, soprattutto, a preoccupare residenti ed esercenti. Code chilometriche agli imbarcaderi, assembramenti a più non posso, ritardi, bagni dei mezzi chiusi. Il risultato? «Una vergogna» sintetizza in una parola Ruggero Bovo, titolare della famosa trattoria Gatto Nero. Che la ripresa economica fosse dietro l’angolo, spiega il ristoratore, non c’erano dubbi. «Lavoro qui da sessant’anni, la gente a Burano ci torna perché è unica. Ma quello dei trasporti è un problema vergognoso», rincara la dose, «noi siamo costretti a chiedere il green pass per far mangiare i clienti all’interno, e va bene ci mancherebbe. Ma poi a bordo dei battelli ci si imbatte anche in resse da 3-400 persone, ammassate come sardine. Riceviamo clienti da tutto il mondo, e la prima cosa che chiedono è: ma riusciremo ad arrivare in tempo? Ogni giorno perdiamo tavoli prenotati. E poi che immagine diamo della città? Non ci sono nemmeno i bagni funzionanti». E sì che il problema dura da anni, a sentire chi a Burano ci vive e ci lavora. «Basta un niente per mandare in tilt la linea» sottolinea Luigi Seno, titolare del celebre Da Romano, «in effetti ogni giorno riceviamo telefonate di clienti che disdicono perché si ritrovano in coda agli imbarcaderi e rinunciano». E in effetti, il problema non è affatto confinato al weekend. Vero è che le code alle Fondamente Nuove, imbarcadero della linea 12 verso Burano, si registrano soprattutto il sabato e la domenica. Ciò non toglie che in mezzo alla settimana la ressa agli imbarcaderi è semplicemente più diluita, sia dal terminal di Cannaregio sia da Murano. Sui mezzi, invece, nelle giornate di sole è più o meno sempre da tutto esaurito. I residenti a bordo? Si contano sulle dita di una mano. Tutt’intorno, famiglie e comitive, gruppi di giovani seduti a terra dentro i mezzi foranei. Poi, tutti a terra arrivati a Burano. Per la felicità delle attività economiche, che dal turismo traggono la prima e unica fonte di reddito in un’isola con sempre meno residenti. Diciotto mesi di pandemia hanno messo in ginocchio decine e decine di famiglie. «E’ stata durissima, ma ci stiamo riprendendo» spiega Alessandro Tagliapietra, titolare di un piccolo negozio di vetro artigianale, «si è tornati a lavorare quasi come nel 2019. La vera incognita è capire cosa succederà in autunno».

Già perché se il turismo in buona parte è tornato, a mancare sono le comitive asiatiche e quella fetta di visitatori facoltosi legati ai congressi: «Tutto ciò ci fa essere moderatamente soddisfatti della situazione attuale, vedremo cosa succederà da settembre» taglia corto Luigi Seno, titolare del ristorante Da Romano. Se il green pass ha dato un impulso al turismo, per Francesco Zane, proprietario di una bottega specializzata in prodotti tessili di qualità, chi entra a comprare spesso protesta: «Sì, le lamentele sono tante: per le lunghe code sotto il sole, l’assenza di bagni. Servono servizi all’altezza».

Weekend o infrasettimanale che sia, a partire dal primo pomeriggio le code lunghe anche un centinaio di metri all’imbarcadero della linea 12 in direzione Venezia sono diventate parte integrante dello scenario. Il battello attracca, scarica una mandria di persone. Viene aperta la catenella, inizia la transumanza. Chi resta a terra, aspetta mezz’ora. E si ricomincia. —

E.P.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia