Biotestamento. De Nigris: «Non dimentichiamo il diritto alla cura»

Il direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma Gli amici di Luca: «C’è un’attenzione quasi ossessiva sul morire bene ma non ne vedo altrettanta sul vivere bene»

Il testamento biologico è atteso in aula. L’iter del disegno di legge sul fine vita, che vuole definire le modalità per cui accettare o rifiutare i trattamenti prima che sia impossibile farlo, arriva qui non senza polemiche. Di alcuni aspetti abbiamo parlato con Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma, “Gli amici di Luca”. «Spesso si contrappone la questione del fine vita a quella del diritto di cura. L’emergenza del fine vita – spiega – è sacrosanta, ma non può andare a eludere il diritto di cura che migliaia di famiglie, abbandonate a sé stesse, chiedono per sé o per i familiari in stato vegetativo o con gravissime disabilità».

Quella del diritto alla nutrizione/idratazione, precisa De Nigris, è questione diversa dall’accanimento terapeutico: «Ma non c’è alcun dibattito pubblico sul tema. Non capisco perché chi combatte per i diritti di chi vuol morire non si impegni altrettanto per tutelare le migliaia di persone che rivendicano un diritto alla cura. Lo Stato è obbligato a dare soluzioni in entrambe le situazioni. C’è un’attenzione quasi ossessiva sul morire bene ma non ne vedo altrettanta sul vivere bene».

Nella casa dei risvegli Luca De Nigris, struttura pubblica dell’Azienda Usl di Bologna che ne condivide gli obiettivi con l’associazione “Gli amici di Luca onlus”, sono passate finora oltre 280 persone. Di queste l’80% si è “risvegliata” ed è tornata a casa. «Il risveglio è qualcosa di lento, lungo, difficile – spiega De Nigris - che porta in sé disabilità con le quali convivere per il resto della vita. Il 20% dei pazienti non ha avuto risultati apprezzabili ma ha portato con sé la formazione della famiglia, l’accettazione di quello che è successo, le competenze per continuare a gestire il proprio caso in contatto con l’associazionismo».

Tra tanti casi il direttore ricorda Serena, che ha attraversato il coma grazie a genitori straordinari, Federica, che ha raccontato la propria storia in un libro ed è ritornata alla Casa dei Risvegli a suonare il tamburo con gli Sbandieratori Città di Firenze, Giuliana, che dopo un incidente ha conseguito la maturità e si è iscritta all’università a Venezia, e Giamma, che dopo il diploma ha anche ricominciato l’attività sportiva.

«Queste persone – continua De Nigris - partecipano alle attività teatrali dei laboratori promossi dall’associazione con il Teatro dell’Argine e portano in scena le loro storie, le loro emozioni e la loro creatività». Molti dopo il coma hanno anche trovato un impiego: Marco lavora in Regione, Paolo, dopo aver riacquistato la memoria, si occupa di volontariato, e Daniela segue le attività di teatro. Ma la storia più incredibile è quella di Cristian, in coma e stato vegetativo per due anni, un caso clinico, che dopo il risveglio ha cominciato a lavorare alla Casa dei Risvegli con mansioni di giardiniere e attore. «Queste storie dimostrano la forza dei pazienti e la condivisione delle famiglie, il loro coinvolgimento e la loro partecipazione”, conclude De Nigris. “Un patrimonio umano e sociale che merita una voce e una tutela, al pari di chi chiede di morire».

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