Banda di sinti verso il processo per la rapina violenta a Mestre
Sette rinvii a giudizio e un imputato uscito di scena con un patteggiamento a tre anni di carcere, sanzione alleggerita dalla collaborazione. Si chiude così la vicenda della cosiddetta “banda degli otto”, esponenti di alcune famiglie di origine sinti delle comunità di Legnaro e Cavarzere nel Veneziano. Le accuse? Associazione a delinquere finalizzata a furti pluriaggravati e rapine, lesioni personali e un episodio di riciclaggio (il “cambio” in euro di una somma di dollari rubati). In tutto ben 33 episodi, alcuni connotati da una particolare brutalità e violenza accaduti nel Padovano, a Loreo in provincia di Rovigo e nel Veneziano.
Saranno processati il prossimo 15 settembre davanti al tribunale di Padova Naichel Millas, 20 anni di Legnaro, domiciliato a Cavarzere; la madre Federica Hudorovich, 38 anni di Legnaro; Donovan Fulle, 26 anni di Cavarzere; Valentina Rizzetto, 21 anni di Legnaro ma domiciliata a Cavarzere; Asia Cavazza, 19 anni di Verona e domiciliata a Cavarzere; Denis Hudorovich, 37 anni, residente a Favaro Veneto e Simone Hudorovich, 35 anni di Cavarzere. L’unico del gruppo che ha patteggiato è un padovano 22 enne che, finito in carcere, ha confermato gli accertamenti degli investigatori coordinati dal pm Sergio Dini. E poi ha fornito elementi per risalire ad altri colpi della banda, compresa una rapina particolarmente feroce accaduta il 16 ottobre scorso a Mestre.
Quella sera padre e figlio, titolari di un’Agenzia di pratiche automobilistiche, erano stati aggrediti per rubare una valigetta che, in realtà, conteneva solo documenti. Pesantissimo il pestaggio tanto da causare alle due vittime lesioni giudicate guaribili in 51 e 6 giorni. Quel che è più grave è che l’attenzione degli inquirenti veneziani si stava concentrando nei confronti di una persona che nulla c’entrava. Il 12 ottobre il collaboratore di giustizia aveva messo a segno una rapina ad Abano a casa dei nonni con il contributo di Millas, Fulle e di un minorenne. Nel frattempo la banda organizzava razzie nelle auto parcheggiate nei centri commerciali. Al mattino il gruppo partiva da casa a bordo di un’auto perlustrando i parcheggi alla ricerca dei bersagli. Auto individuata grazie alle telecamere di sorveglianza: al suo interno erano stati piazzati un gps e una cimice per ascoltare le conversazioni. Due le modalità operative: la banda tagliava una gomma costringendo l’automobilista a uscire dall’abitacolo; così uno di loro si introduceva nel veicolo per rubare. Oppure, con la scusa di chiedere una informazione, il conducente della macchina era convinto ad abbassare il finestrino. —
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