Progetto “Genitori in gioco” per una nuova cultura sportiva

La filosofia è molto semplice: avvicinare mamme e papà al rugby facendoli allenare con i figli, capire le regole e condividere un momento speciale della vita dei loro ragazzi. In questo modo tenere alla larga dalle tribune quei pessimi esempi di genitori “tifosi” che tanto male hanno fatto finora in altre discipline sportive. “Genitori in gioco” è il nome del progetto promosso dal Rugby Mirano 1957 e che, dopo una prima fase di sperimentazione, si è consolidato al punto da aver appassionato così tanti familiari dei mini rugbisti bianconeri, da accrescere poi il numero di iscritti alla squadra di rugby touch senior.
«Il progetto è stato proposto dal nostro responsabile tecnico Alberto Bartolini, e ho subito accettato volentieri l'idea di metterlo in pratica» afferma Stefano Cibin, presidente del club miranese, «siamo di fronte a un modo molto particolare per far capire ai genitori le difficoltà che a volte i figli possono avere in campo. Il rugby è una disciplina di non facile apprendimento. Quando una cosa la conosci la apprezzi, o la giudichi in maniera più completa. Far condividere questi aspetti anche ai ragazzi, insieme ai loro genitori, è un modo per far sentire i nostri piccoli giocatori anche più importanti. Purtroppo in giro se ne vedono di tutti i colori, e non vogliamo situazioni imbarazzanti sulle nostre tribune».
Un concetto molto chiaro, su cui Cibin aggiunge: «In passato il nostro era un ambiente molto chiuso, ne eravamo gelosi, ma per crescere nei numeri bisogna aprirsi, e con questo progetto lo stiamo facendo. Il rugby ha una sua cultura, è uno sport di fatica, e la fatica unisce in questo caso. Uno sport anche di contrasto dove te le dai con l’avversario, ma a fine partita ne diventi quasi sempre anche grande amico. Tanti genitori hanno apprezzato questo esperimento, si sono avvicinati alla disciplina e ora li ritroviamo nel rugby touch con grande coinvolgimento e spensieratezza». Il progetto si è quindi rivelato un successo sotto molti punti di vista, e alla fine è anche molto semplice nella sua attuazione. La prima lezione è una sorta di introduzione al rugby per i genitori, ai quali il responsabile tecnico del club spiega regole e filosofia di questo sport con quello che può succedere in campo. Poi il tutto si concretizza in una lezione pratica, un vero allenamento, in cui mamme e papà si vestono da rugbisti e si mettono in campo con i rispettivi figli. Gioco, risate, qualche placcaggio soft a mamma e papà per scherzare, e poi il tutto si chiude con una sorta di debriefing con i tecnici, per confrontarsi su quanto è stato fatto e limare gli ultimi dettagli legati a perplessità o particolari non ancora chiari ai familiari. Nel settore giovanile miranese ci sono molti figli di ex giocatori, ma tanti giovanissimi atleti hanno genitori che il rugby lo hanno incontrato da poco, e che in questo modo entrano nel mondo della palla ovale a tutti gli effetti. Capire le difficoltà in campo dei ragazzi, a volte bambini di soli cinque anni, è fondamentale per seguire una partita con serenità e passione. Allora la missione dei tecnici del club bianconero si potrà dire davvero compiuta, ben oltre il tradizionale terzo tempo. —
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