«Nessun tuffo in laguna quello lo riserviamo ai non veneziani»

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Una promozione in Serie A vicino alla casa dove è nato, l’apoteosi per Paolo Poggi, classe 1971, Sant’Elena è il suo “regno” anche se abita in Rio Terà Farsetti, a San Marcuola. Una carriera iniziata e conclusa nel Venezia, adesso responsabile dell’area tecnica e dei Progetti Internazionali, novello Marco Polo che girava il mondo prima della pandemia.
Quale è stato il primo pensiero al fischio finale di Orsato?
«Il primo pensiero è che non ho avuto pensieri, ricordo il vuoto cosmico, poi quando si è riaccesa la luce ho spedito a mia moglie Silvia il messaggio “Serie A”. Lei stava guardando la partita alla televisione, sapeva benissimo che il Venezia era stato promosso, ma è un rito che ho sempre seguito, mandandole il risultato al termine di ogni partita».
A chi dedica questo risultato storico?
«A tutte le persone che lavorano per questa società dietro le quinte, che non sono sotto le luci dei riflettori, ma che svolgono compiti fondamentali per garantire serenità e tranquillità a chi va in panchina e in campo. Io e Mattia ci abbiamo messo del nostro, ma la nostra squadra è completata da Alex Menta e da Fabiano Speggiorin».
Che significa per un veneziano aver contribuito a riportare il Venezia in Serie A?
«Tanto, significa tantissimo. È motivo di orgoglio per chi è nato qua, ha indossato questa maglia e continua a lavorare per il Venezia. Sono sensazioni molto profonde, emozioni che difficilmente si possono descrivere. Il giorno prima della gara decisiva con il Cittadella eravamo in sede, non so quanti chilometri abbiamo fatto camminando, poi Mattia si è disteso sul divano a guardare la tappa del Giro d’Italia. Ci guardavamo e scoppiavamo a ridere».
A quale canzone va abbinata la promozione in Serie A?
«It ain’t over’til it’s over” di Lenny Kravitz”».
Quando c’è stata la sensazione di poter salire in Serie A?
«Dopo la partita di Monza contro una squadra costruita per dominare il campionato, il Venezia ha offerto una prova di forza devastante. Quel giorno ho capito che nessun traguardo era precluso a quella squadra».
Sensazioni durante il corteo in Canal Grande?
«Quella strada d’acqua l’ho attraversata chissà quante volte, anche per alcuni festeggiamenti, guardavo gli sguardi meravigliati del presidente Niederauer, dei giocatori. I loro sorrisi, le loro espressioni. In nessuna città al mondo ci può essere un festeggiamento più bello e più suggestivo».
Niente tuffo nel canale come Niederauer e Zanetti?
«Quelli li facevo da ragazzo, normale per chi è nato a Venezia, lasciamo quell’ebbrezza a chi l’ha fatto per la prima volta».
Un fioretto da assolvere per la promozione?
«No, non avevo promesso niente di particolare. Mi piace godere minuto su minuto questi istanti di felicità, di ebbrezza, mi sento come uno che ha pancia piena dopo una grande abbuffata. Poche ore, però, poi si ritorna a lavorare».
Chi sarebbe stato felice della promozione del Venezia?
«Tutte le persone che non ci sono più e che sono stati grandi tifosi del Venezia».
Quale immagine da cancellare nella lunga militanza nel Venezia?
«La sconfitta ai rigore contro la Salernitana nello spareggio dei playout che sancì la retrocessione in Serie C, sono stati dieci giorni d’inferno, prima che uscissero le prime notizie sulla situazione critica in cui versava il Palermo. Sarebbe stata dura risalire». —
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