Mario Zuccherato, dolci ricordi della Calvi «Altri tempi, il mio calcio non esiste più»

Difensore noalese classe 1946, sedici anni in biancoazzurro, oltre 300 partite. Giocava e faceva il marmista.

Noale

Un calcio che non c’è più. Che è vivo ancora nelle testimonianze di chi lo ha vissuto e amato. Al punto che oggi quelle persone faticano a riconoscersi nel gioco odierno, addirittura non lo seguono, anche se sono state bandiere di una squadra. “Bandiera”, esattamente. Un termine che con il calcio moderno ha poco o nulla da spartire. In passato era più difficile cambiare maglia, o c’erano meno motivi per farlo. Ma nel calcio dei dilettanti se ne trovavano. Come, Mario Zuccherato, noalese, che dalla categoria allievi negli Anni Sessanta ha proseguito senza interruzioni per oltre quindici anni la sua carriera nella Calvi Noale, sino a raggiungere le 300 partite in biancoazzurro, con la fascia da capitano, e che oggi ricorda con piacere quel periodo, ma senza nessun rimpianto. «Ho sempre considerato il mio niente più che un divertimento, un gioco, la mia priorità era il lavoro, il marmista dal 1968» racconta Zuccherato, rispolverando vecchie foto dei tempi andati, «sono nato il 03 novembre 1946. Ho cominciato nel 1962 negli allievi della Calvi, prima al massimo avevo giocato in oratorio. Era la prima squadra di Noale, perché al suo posto in precedenza sul campo comunale giocava, se non sbaglio, la Serenissima, una società di Mestre che disputava solo le partite di campionato. La Calvi era proprio agli esordi, allenatore della prima squadra era un noalese, Busolin. Il primo presidente era un direttore di banca, Calzavara, ma nel primo periodo si sono susseguiti molti numeri uno, da Baretto sino al Conte Gradenigo. Eravamo tutti di Noale, d’altronde era la prima esperienza di una società locale, e con me hanno iniziato Bottacin, Ferro, Stevanato». L’amarcord prende quota. «Nel 1962 facevo gli allievi, a diciassette anni ho esordito in prima squadra il giorno del mio compleanno, come terzino destro, ma poi a seconda dell’allenatore ho coperto tutti i ruoli della difesa, anche stopper e libero. Eravamo in Terza Categoria e dopo ventitré risultati utili consecutivi siamo saliti in Seconda. Una cavalcata vincente fino all’Eccellenza nel 1970, ma non vorrei sbagliarmi con gli anni… l’allenatore era Camporese. Ho visto passare tanta gente, da Corrado Penzo a Orlando Radich, da Brunetta a Luciano Favero, l’ex della Juventus con cui ho giocato nel mio ultimo campionato a Noale. Era un giovanissimo che veniva dal Caselle e da noi militò in prima squadra, un cappellone all’epoca». Per Zuccherato anni con la fascia di capitano. «Sono stato capitano fino al 1977-78 quando per una divergenza con l’allenatore me ne sono andato. Avevo deciso di smettere, poi dopo un anno sono tornato in campo in Seconda Categoria con il Trebaseleghe, il Loreggia, per poi concludere la mia carriera a 35 anni».

Qualche occasione per tentare la strada del professionismo? «Ci sono state opportunità, ma ero concentrato sul mio lavoro, che era il mio reddito. In quegli anni abbiamo consumato il terreno del “Penzo”, da quanti provini facevamo. Mi chiesero se volessi andare a Cagliari, agli inizi degli anni ’60. No. Mi sono divertito sui nostri campetti, ricordo con piacere alcune sfide come quella in Coppa Italia contro il Tolmezzo, quando dovevo marcare un certo Di Lena, piccolo e sgusciante, mi ha fatto tribolare per tutta la partita e mi ricorderò di lui per tutta la vita. Ma anche le partite di precampionato con Venezia, Mestrina e Padova. In cui ho incrociato i migliori giocatori, come Franco Cerilli, Roberto Filippi, Piero Fraccapani. Bei ricordi, ma rimangono tali perché il calcio è ormai un capitolo chiuso per me». —



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