Lippi, stuzzicante dopo Cina «Magari un’altra Nazionale...»

Il tecnico campione del mondo nel 2006 riceve il Leon d’Oro e si confessa: «Intanto mi riposo. Mia moglie? Protagonista della mia vita. Amo anche il mare»



Da poco ha lasciato la panchina della nazionale di calcio cinese, è tornato in Italia e ha riabbracciato la famiglia a Viareggio, a due passi da quel mare che tanto ama. Marcello Lippi, campione del mondo 2006 a Berlino, per un giorno dal Tirreno all'Adriatico per ricevere il Leone d'oro per lo Sport 2019. Un premio a una carriera straordinaria fatta anche di cinque scudetti con la Juventus, coppe nazionali e internazionali. Un leone che arricchisce la bacheca personale di uno dei più grandi allenatori italiani di calcio. Un Marcello Lippi quanto mai deciso sul suo futuro: «Cosa farò dopo la Cina? La certezza non ce l'ho, ma di sicuro per ora me ne starò a casa a rilassarmi in famiglia, e non andrò ad allenare alcun club. Al massimo potrei accettare la panchina di un'altra nazionale. Non importa se di alto o medio livello, sarebbe per ritrovare l'adrenalina del campo e della partita. Non comunque l'Italia. Altrimenti sarebbe la terza volta, e già l'esserci tornato dopo aver vinto un Mondiale è stato problematico, trovandosi tutti con il fucile puntato contro ad aspettare che qualcosa andasse male». E parlando di Azzurri e del trionfo in Germania, Lippi racconta un aneddoto legato ai suoi occhiali. «La prima cosa che ho fatto, dopo il rigore decisivo di Grosso, è stato girarmi, andare in panchina e prendere gli occhiali che avevo nella tasca della tuta. Perché? Beh, a Roma quando vinsi la Champions con la Juventus, gli occhiali mi caddero e li ruppi camminandoci sopra. A Berlino ho pensare di fare le cose diversamente, e ora quegli occhiali sono al museo del calcio di Zurigo...».

Nella sua lunga carriera Marcello Lippi ha allenato tanti campioni, ma quello che più lo ha colpito è stato Zinedine Zidane. «Il più bravo che abbia allenato, un ragazzo umile che ogni tanto ha avuto qualche colpo di testa di troppo... Ma comunque un grande calciatore, e il segreto delle grandi squadre è disporre di questi atleti che si mettono a disposizione per dare qualcosa in più. Per noi allenatori l'aspetto più importante è riuscire a entrare nella testa dei calciatori, per far sì che mettano la loro qualità al servizio della squadra».

Poi guarda il collega Massimiliano Allegri vicino a lui e osserva: «Abbiamo vinto entrambi cinque scudetti con la Juventus, quindi sono dieci scudetti toscani...». Lippi sorride, appare sereno anche se lontano - per ora - da una panchina. Scherza e non si sottrae a selfie e autografi. Della moglie dice: «Ha avuto la bravura di crescere i nostri figli mentre io allenavo in giro per l'Italia e non solo, una vera protagonista della mia vita». E sulla carriera il tecnico viareggino ammette: «Sta lentamente scivolando verso la conclusione, e in questo momento ho voglia di staccare un po' la spina. Poi vedremo. Ricevere questo premio è molto bello, ancor più perché mi arriva in una città straordinaria. Ricordi veneziani? Tanti, come le trasferte con la Juventus o l'Inter, gli spostamenti in motoscafo verso uno stadio dove vincere era sempre difficilissimo, e dove ho anche perso. Ma venire qui a giocare era qualcosa di eccezionale per il contesto. Ora, a vincere qualcos'altro, sinceramente non ci penso. Allenare dovrà andare di pari passo con la semplice voglia di stare in campo. Il resto lo farà il mare» conclude Marcello Lippi. «Lo amo, il mare, immensamente, è la mia vita e mi piace in tutte le sue sfaccettature. Ho una grande passione anche per la pesca, ma non pensiate che sia un bravo pescatore. Quello proprio no, lo lascio fare ad altri, io mi diletto quando capita». —



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