Inventa gol e fabbrica mobili Maccan, bomber indistruttibile

PORTOGRUARO. Denis Maccan non ha intenzione di smettere. Di giocare, e di fare gol. Il centravanti del Portogruaro, classe 1984, viaggia ora a quota cinque reti nelle prime quattro partite di campionato, più uno in Coppa Italia. Per la prima volta è sceso in Eccellenza dopo una carriera che lo ha portato in mezza Italia fra serie B, C1, C2, D. Fa gol alla domenica, mentre durante la settimana, da tre anni ormai, lavora nell’azienda del mobile di famiglia, a Prata di Pordenone. E se prima il calcio era il suo vero lavoro, ora c’è la passione a dargli la carica. «Mi è dispiaciuto lasciare Tamai, lo scorso maggio, con una retrocessione» racconta il bomber nato a Pordenone «tuttavia ho accettato Portogruaro come sfida personale. Vincere qui per salire in D: è una bella piazza, con un buon pubblico».
L’altro ieri due gol (in tre minuti) e un assist: da 0-2 a 3-2 per il Portogruaro.
«Abbiamo ambizioni, non possiamo commettere certi errori. Nel primo tempo l’Istrana ci ha dominato. Può essere dovuto al fatto che siamo tanti nuovi arrivati, da diverse categorie. Tuttavia non c’è tempo da perdere, diamoci una bella regolata e ripartiamo concentrati. Ogni avversario ce la mette tutta contro il Porto, perché siamo la squadra da battere».
Portomansuè, Portogruaro e Sandonà. Altre in corsa per il primato?
«Non lo so, le altre squadre non le conosco, di sicuro le due citate assieme a noi corrono per la D».
Un curriculum con Brescia in B (25 presenze), ma anche a Pordenone, Venezia, Andria, Perugia, Pergocrema e altri: rimpianti?
«Mi sono operato sette volte alle ginocchia, tre volte quando ero sotto contratto col Brescia. Forse ho gestito male alcune scelte in seguito agli infortuni, ma nel complesso ha dato tutto quello che potevo».
I momenti più belli?
«Ho giocato a San Siro, in Coppa Italia, contro il Milan, ma anche a Napoli».
L’avversario rimasto nella mente?
«Il Pescara di Zeman con Immobile, Insigne e Verratti, che giocava un calcio particolarmente veloce».
I compagni più forti?
«Così, al volo, ricordo Caracciolo e Abbruscato».
La società, o la squadra, rimasta nel cuore?
«Il Pordenone, la squadra della mia città, con la quale ho giocato anche da capitano, vincendo il campionato di serie D. Purtroppo l’anno dopo, in Lega Pro, retrocedemmo ai playout. In neroverde ho vissuto emozioni forti. Non dimentico l’anno a Lumezzane con 20 reti, nonostante l’ennesima operazione al ginocchio, e l’anno a Venezia, con la vittoria del campionato di serie D».
E poi la chicca...
«Un anno il Brescia mi mandò in prestito al Perugia, dove mi volle Sarri, che purtroppo venne esonerato dopo poche giornate».
Adesso meno esasperazione e più divertimento?
«Direi di sì: la D a Tamai e Cordenons la ricordo con piacere. Mi hanno trattato con i guanti, lasciandomi gestire bene la mia situazione fisica. Se saltavo qualche allenamento non era un problema. Lasciando il calcio professionistico ho un minore carico di lavoro, per cui sono più tranquillo».
Il presidente del Portogruaro, Bertolini, ti ha pronosticato trenta gol. Investitura impegnativa.
«Obiettivo un tantino ambizioso. Sono partito bene, ma 30 sono tanti... Magari». —
Gianluca Rossitto
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