«In piedi o in carrozzina nella sciabola non conta Si migliora tutti assieme»

Stefano Carrara ha aperto l’Officina di Mirano iniziando subito anche con le pedane paralimpiche: «Ognuno impara dall’altro» 

MIRANO

Aperta nel 2008 a Scaltenigo, frazione di Mirano, subito dopo le Olimpiadi estive di Pechino, l’Officina della Scherma Mirano ha da subito iniziato anche l’attività paralimpica. Unica sala attualmente impegnata in questo in provincia di Venezia, lavora con la sciabola ed è seguita dal maestro Vittorio Carrara, ex atleta di alto livello e nove volte campione mondiale Master. L’attività paralimpica a livello sociale ha un grande valore, e si è dimostrato anche in questo caso.

Maestro Carrara, quale è stato il motivo della sua scelta?

«Prima di aprire la mia sala, ho insegnato due stagioni a Faenza, e lì avevo iniziato a seguire Lorenzo Major. Quando ho inaugurato l’Officina, da subito ci siamo dotati delle pedane paralimpiche, e il primo titolo italiano è arrivato nel 2009 proprio con Lorenzo».

Quindi una scelta naturale?

«Esatto. È stata una continuità del lavoro iniziato con lui a Faenza. Poi sono arrivati Nicola D’Ambra e Stefano Salmaso, che hanno saputo vincere negli anni molte gare e fare piazzamenti importanti a livello nazionale».

Quanto è importante l’attività paralimpica?

«Come per l’attività in piedi, ma ancora di più da seduti, permette di migliorare le capacità fisiche e mentali. Per certe patologie, è dimostrato, allunga l’aspettativa di vita dell’atleta».

E abbatte le barriere.

«Si integra perfettamente con chi fa scherma in piedi. Nella nostra sala tutti interagiscono e si allenano anche in carrozzina con gli atleti paralimpici. Non ho mai visto la disabilità come un problema. La scherma è in piedi o da seduti. In sala non parlo neppure di disabilità. Il mio motto è sempre stato: la scherma per tutti».

E permette anche di migliorarsi in modo reciproco?

«Per chi è in piedi, stare seduto garantisce sicuramente una velocizzazione della tecnica, soprattutto per la sciabola, con una precisione e velocità che anche in piedi magari non si ha. Per chi è seduto, il fatto di poter gestire un allenamento anche con chi ha movimenti diversi, offre una crescita notevole. Il fatto stesso che negli ultimi anni, con alcuni ragazzini abbiamo ampliato la casistica di handicap, rende l’idea delle potenzialità».

Chi fa attività paralimpica?

«Normalmente paraplegici, amputati e tetraplegici, ma da noi hanno iniziato due ragazzi con Sma e spina bifida. Da tempo in Italia praticano scherma pure i ciechi, ma solo nella spada. Noi usiamo la sciabola, quindi per ora non ci siamo allargati a questo».

Quanto “pesa” un titolo paralimpico?

«Non ho mai posto differenza rispetto agli altri, proprio per la filosofia che applico nella mia sala. Tutti sono importanti. È normale vincere o perdere in piedi e da seduti. Tutti imparano e insegnano qualcosa».

Avete ricevuto aiuti in questi anni?

«L’attenzione del territorio è stata particolare. All’inizio molto difficoltoso. Dalle aziende non è arrivato nulla, per fortuna abbiamo trovato un partner eccezionale nell’associazione La Colonna di Giancarlo Volpato. Ci hanno donato carrozzine e attrezzature nuove per i nostri tre atleti. Una amicizia speciale e importante».

Quanto è importante fare sport per chi ha una disabilità?

«È fondamentale. La difficoltà è nel far giungere il messaggio di praticare la scherma in carrozzina a chi potrebbe».

Alessia Tognolli, tesserata all’Officina, è arbitro paralimpico internazionale.

«Da noi si è infatti specializzata in questo ambito ed è arrivata ad arbitrare alle Paralimpiadi di Rio 2016 e a essere convocata per Tokyo».

Di recente si è aggiunto come atleta Matteo Dei Rossi.

«Atleta di Spinea e di interesse internazionale, sono certo che si toglierà delle soddisfazioni». —

Simone Bianchi

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia