Venezia Calcio, quando il “belgiochismo” non paga

Tanti punti di domanda sulla gestione tecnico tattica della stagione dei lagunari. Di Francesco tecnico perfetto per risalire, un po’ meno per non retrocedere

Giovanni Armanini
Eusebio Di Francesco, allenatore del Venezia (Foto Ansa/Alessio Marini)
Eusebio Di Francesco, allenatore del Venezia (Foto Ansa/Alessio Marini)

Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del belgiochismo. Tutti gli allenatori in cerca di alibi lo evocano per giustificare i mancati risultati. Eusebio Di Francesco lo ha declinato a modo suo, dicendo che «in Italia raramente si retrocede con gli applausi». In effetti è vero, la nostra cultura calcistica ci suggerisce in genere di prendere contromisure per tempo, e di risultare efficaci prima che belli.

A memoria il retrocesso più applaudito in queste condizioni fu Roberto De Zerbi a Benevento, che infatti fu suo successore a Sassuolo proprio per dare continuità, ma che non fu mai bravo come lui, visto che le migliori stagioni neroverdi furono firmate da Di Francesco con l’approdo in Europa.

Proviamo quindi ad analizzare i numeri di questa stagione andando un po’ oltre i risultati. Che non sempre dicono tutto, anche se sono inappellabili come giusto che sia. È stata una retrocessione immeritata? Complessivamente no. Il problema è che nessuna delle parti in causa (società, direzione sportiva, allenatore) ha messo la consapevolezza tra le priorità.

Partiamo da un dato: chi ha vinto la Serie A lo ha fatto con la miglior difesa e 20 gol segnati in meno di chi è arrivato secondo, pare che il prima non prenderle sia ancora una regola aurea nel nostro campionato. Il Venezia ha provato a pensare differente e si è ritrovato (dati xgscore.io) con 60.4 gol attesi contro, ovvero con la difesa che ha concesso più occasioni agli avversari e qualitativamente più pericolose, anche se ha subito solo 56 reti e tutto sommato è stata molto più efficiente di altri nell’evitarli.

Il problema era soprattutto davanti, non tanto nella produzione complessiva, ma nel come le occasioni nascevano. Di Francesco non ha mai potuto nascondere che la squadra mancava di qualità tecnica per segnare di più, ma i 38.8 gol attesi a favore a fronte di solo 32 gol dicono di una produzione inefficiente e non solo.

Nella tabella qui sotto abbiamo voluto ripercorrere le partite di questa stagione in termini di risultato atteso in base al gioco espresso dai gol attesi. Ebbene, quando il risultato è stato poco veritiero (sotto il 60%) il Venezia avrebbe dovuto fare un risultato peggiore in 6 casi su 8.

In altre parole: ha fatto risultati migliori quando meno meritava, quando ha vestito i panni della squadra operaia. Solo all’andata col Lecce e al ritorno con l’Udinese era lecito attendersi un epilogo migliore rispetto al verdetto finale in base a quanto espresso. Significa che in fondo la squadra aveva le potenzialità per essere altro, ma si è preferito sacrificarla sull’altare del belgiochismo.

Andiamo oltre. Al Venezia è mancato proprio quello spirito sparagnino che spesso fa la fortuna delle squadre minori. Non ha mai saputo giocare con spirito reattivo. Lo dice un dato: Parma e Cagliari che si sono salvati hanno fatto 6 gol a testa in contropiede (dato whoscored), gli arancioneroverdi solo 1. E attenzione perché questo non è il solito trito dibattito su belgioco e risultatismo, ma semplicemente una presa d’atto che gli obiettivi sportivi, qualsiasi essi siano, si centrano meglio con sano realismo. Che può portare ad attaccare o a difendersi, ma sempre in base al bisogno.

Altro tema è l’approccio e qui la squadra è inappuntabile. Nei primi 30 minuti di gioco il Venezia ha collezionato risultati in grado di porlo a quota 38 punti, che salivano a 39 fino al 60’, ma che poi crollavano nel finale. Ed infatti la classifica dei minuti finali ha un indice di correlazione praticamente perfetto per le tre retrocesse: Empoli, Venezia e Monza stanno in fondo lì come nella graduatoria generale di Serie A.

Che fare ora? La società è stata inappuntabile nel dare fiducia ad un allenatore che a sua discolpa ha sempre dato l’idea di avere in mano la situazione. Di contro è parsa abbastanza vagamente patetica la scelta di non comunicare i convocati e di non parlare prima dell’ultima gara, ma ci sta, a volte si prova davvero tutto anche irrazionalmente. A questo punto se si crede nel miglioramento, ripartire da Di Francesco è doveroso, proprio in ossequio a questo discorso sulla consapevolezza: perché se difficilmente il belgiuoco militante paga quando sai in partenza che la partita la faranno gli altri, nell’agone della Serie B essere il Venezia avrà tutt’altro senso, e quindi ripartire da qui è legittimo e quasi inevitabile.

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