Il Venezia retrocesso in Serie C Pugnalata al cuore e al bilancio

Sguardi fissi nel vuoto, rabbia mista a delusione. ingiustizia è fatta. Il Venezia retrocede in Serie C, roba da non crederci, siamo al 10 giugno e un mese fa, per essere precisi l’11 maggio, la conquista dei playout era una vittoria. Adesso, più che una sconfitta, è una beffa, con la netta sensazione di essere stati presi per i fondelli tutti quanti. Ci mancavano anche i rigori. Domanda da novanta che già corre in tribuna: cosa succederà? E se questa vicenda avrà veramente fatto stufare il presidente Tacopina? Quale futuro aspetta i bistrattati e - diciamolo - poco rispettati dai vertici nazionali, colori arancioneroverdi?
La rabbia. Il sentimento di oggi è ancora gonfio di rabbia. Il Venezia dichiarato salvo a metà maggio si è ritrovato a giocarsi il lavoro di un anno in due partite lontane un mese dall’ultima. La storia è nota e non occorre ripeterla, ma che il calcio italiano non finisca di toccare il fondo, questo sì, va ripetuto. Il Palermo, retrocesso all’ultimo posto, è stato salvato con una penalizzazione millimetrata che non solo lo ha tenuto in B ma gli ha anche evitato questa rogna dei playout. Si è mossa una città, un sindaco battagliero, qui invece il Venezia non ha avuto aiuti da nessuno. E il ruggito del presidente Tacopina non è stato ascoltato. Finisce qui? Mah, Il Venezia che ricorsi può fare? Sulla questione Palermo solo la Procura Federale può ricorrere, Federazione e Lega B hanno fatto intendere che la fretta di archiviare il campionato ha precedenza su tutto. Ci si può aggrappare ad un’idea di ripescaggio?
Il bilancio. Per il Venezia è una mazzata. E bisogna veramente sperare che la rabbia di Tacopina sia superiore alla delusione. Retrocedere fa male anche e soprattutto al bilancio, e questo verdetto maturato sul campo diuna partita che non si sarebbe dovuta giocare rischia di costare alle casse arancioneroverdi una cifra che si aggira attorno agli otto milioni di euro. Conti fatti da colleghi esperti. A crollare sarebbero infatti le due principali voci di entrata nel bilancio della società, vale a dire i contributi della Lega calcio e i diritti televisivi (due anni fa Sky, quest’anno Dazn), due fonti dalle quali tutte le società professionistiche italiane dipendono in maniera copiosa. Da qui poi una catena di conseguenze, in una categoria inferiore i biglietti costano meno, gli sponsor sono meno ingolositi, anche il merchandising di riflesso ne perde. Tacopina di soldi ne ha messi, vuoi a titolo personale vuoi in rappresentanza del gruppo americano. Ma trovare ancora, o nuovi, finanziatori, in Serie C per forza sarà più difficile che in B. Retrocedere significa automaticamente ridimensionare varie voci del bilancio. Quali? Qui sarà la politica societaria a determinare le scelte.
Lo stadio. Resterà sempre una grande impresa quella di avere lo stadio nuovo. Tacopina ha girato e sta girando mezzo mondo per trovare nuovi finanziatori, e con la squadra in Serie C il suo compito diventerà più difficile. Nessuno vuol dipingere, tantomeno su queste pagine, il quadro dell’Apocalisse, ma qualsiasi persona di buon senso sa e capisce la pericolosità di una retrocessione. Insomma, bisogna sperare che il presidente davvero non si stufi e che riparta con la grinta che ha fatto vedere in questi anni, altrimenti il Venezia, i suoi pochi ma fedeli tifosi, rischiano di rivivere le situazioni di un film già visto. Di stadio, oggi, meglio non parlarne.
Gli errori. Sfogata la rabbia, la frustrazione che paralizza chi si sente vittima di una ingiustizia, poi deve venire anche il momento della riflessione. Il Venezia qualche errore lo ha commesso, in questa stagione, qualche altro se l’è portato dietro da prima. Tacopina ha ascoltato anche qualche consiglio sbagliato. Ha scelto un direttore sportivo che in realtà all’Atalanta svolgeva altre mansioni e che sul mercato non ha rinforzato la squadra.
Poi Vecchi? La squadra non girava, vero, ma non gli è stato concesso tempo. E la soluzione Zenga è stata infelice. Cosmi? Fosse arrivato prima... —
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