I tre gol di Campilongo che piegarono la Juve

“Sasà” e quell’incredibile gara di Coppa: «Il 4-3 al Penzo contro la squadra del Trap non potrò mai dimenticarlo»
Michele Contessa

venezia

Arriva la Juventus al Penzo e riaffioreranno le emozioni della “notte magica” in cui gli arancioneroverdi di Ventura eliminarono i bianconeri dalla Coppa Italia con quel 4-3 rimasto nella storia. Davide che abbatté Golia sotto quattro pesantissime sassate, tre delle quali scagliate dalla fionda di Salvatore “Sasà” Campilongo. Era il 27 ottobre 1993, il Venezia aveva pareggiato il match d’andata (1-1) con i rigori di Baggio e Campilongo. Penzo in ebollizione al ritorno, girandola di emozioni, girandola di reti con Trapattoni che schierò una squadra per passare il turno con Roberto Baggio e Ravanelli in attacco, Moeller, Marocchi, Dino Baggio e Di Livio in mezzo al campo. Un primo tempo “normale” (0-1 firmato Marocchi), una ripresa spaziale, aperta dalla zuccata di Campilongo, il vantaggio su rigore di “Sasà”, il pareggio, sempre dal dischetto, di Roby Baggio, quasi neutralizzato da Mazzantini, poi l’uno-due di Campilongo (ancora su rigore) e di Cerbone, che rese inutile la zampata di Di Livio. Tifosi arancioneroverdi in estasi, Ventura portato in trionfo, Campilongo (18 reti in 58 presenze con il Venezia), allenatore in attesa di squadra, in estasi.

Sasà, ripensa mai a quella sera?

«Come potrei non ricordarmela, anche perché ogni tanto qualche tifoso del Napoli mi ferma ancora chiedendomi se sono io quel Campilongo che ha segnato 3 reti alla Juventus».

La partita più bella della carriera?

«La serata più spettacolare, indimenticabile e inimitabile, ma c’è un’altra gara a cui sono molto affezionato. L’anno dopo passai al Palermo, il 23 ottobre realizzai 5 reti a Lecce, eguagliando il record di Dell’Omodarme di oltre trent’anni prima».

Temuto di essere eliminati dalla Juventus?

«Mai, nemmeno quando i bianconeri passarono in vantaggio. Si avvertiva un’atmosfera particolare, eravamo tutti convinti di poter passare il turno. Il secondo tempo fu un miscuglio di emozioni pazzesche. Ero tranquillissimo quando andai a tirare i due calci di rigore. Fu apoteosi quando Cerbone realizzò il quarto gol. Avviai io l’azione, sul cross ci fu la deviazione di testa di Bortoluzzi, poi la splendida sforbiciata di Lello. Sul 4-2 non calammo mai l’intensità e la concentrazione, la Juve poteva fare due gol in qualsiasi momento».

Due rigori e la prima rete di testa?

«Sì, e mi vien da ridere ripensando che riuscii ad anticipare due colossi come Julio Cesar e Porrini».

Aneddoto del post partita?

«Mi prese sotto braccio Ravanelli, eravamo amici dai tempi della Casertana, insieme al dottor Pasquale Bergamo, che aveva giocato nella Bagnolese quando io ero negli Allievi, mi portarono nello spogliatoi da Trapattoni, dicendogli che avevano trovato il terzo attaccante per la stagione successiva».

E il giorno dopo?

«Andai dai tifosi del club di Cannaregio, mi vestirono da gondoliere, fu fantastico girare in gondola».

Venezia è rimasta nel cuore di Campilongo?

«È stata una delle tappe più belle della mia carriera da calciatore. Ho giocato con Zaccheroni e Ventura, l’unico rammarico è non aver portato il Venezia in Serie A. Ventura era all’avanguardia per i tempi e non aveva ancora il patentino, c’era Maroso come tutor».

Il primo impatto fu strepitoso?

«All’epoca esisteva il mercato a novembre, arrivai il 14 con Maiellaro, passarono quattro giorni ed esordii con una doppietta a Terni, dopo il vantaggio di Bonaldi. Una settimana dopo debuttai al Penzo segnando con il Cosenza. Alla seconda partita in casa, sette giorni dopo, ne infilai tre con il Bari. Sei reti nelle prime tre partite, non male come biglietto di presentazione».

Che effetto fa rivedere il Venezia nel massimo campionato?

«Stupendo, sono rimasto malissimo domenica vedendo l’andamento del derby con il Verona. Purtroppo in Serie A non puoi commettere determinati errori, anche se avrebbe potuto portare a casa ugualmente almeno il pari se non fosse rimasto con un uomo in meno. Seguo il lavoro di Zanetti da anni, sta facendo molto bene». —

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