Erik, dal rugby alle moto campione italiano a soli 11 anni «E non mi accontento»

Il baby-tricolore ha già subito due fratture e un trauma cranico  «Non ho paura di niente, ora voglio gareggiare nella classe superiore» 
Foto Agenzia Candussi - VATRELLA - MESTRE VIA POERIO -MESTRE IL GIOVANE BIKER ERIK MICHIELON IN REDAZIONE.IN FOTO ERIK MICHIELON.
Foto Agenzia Candussi - VATRELLA - MESTRE VIA POERIO -MESTRE IL GIOVANE BIKER ERIK MICHIELON IN REDAZIONE.IN FOTO ERIK MICHIELON.

IL BABY CAMPIOne



Diventare campione italiano di motociclismo a 11 anni. È l’impresa compiuta da Erik Michielon, di Fiesso d’Artico, ex rugbista per cinque anni del Petrarca, ora portacolori del team 4 Tempi di Grosseto. Il ragazzino, sulle orme del padre Fabio, tra l’altro dirigente della società dei tuttineri e per sette anni, da giovane, pilota amatoriale di motociclismo, si è allenato per un paio di mesi sulle piste di Adria e Jesolo. Non che il motociclismo sia uno sport meno rischioso del rugby, anzi. Nelle prove di Adria Erik si è fratturato il dito medio, non per questo ha rinunciato a continuare nel suo sogno di correre su una moto. Abbiamo avuto il piacere di ospitare in redazione il campioncino italiano della categoria Ohvale GP-0 110 Aut, accompagnato dal padre Fabio.

«Il rugby non mi piaceva più», esordisce Erik, un bel bel bambino con i capelli lunghi, «e così ho chiesto al papà di tirare fuori dal garage la sua moto e i fatti mi hanno dato ragione».

Non hai mai avuto paura quando sei caduto e ti sei rotto il metacarpo e il dito medio?

«Solo quando ho eseguito male tre steccate ma, in definitiva, uno che ha giocato a rugby non può avere timore di nulla. Anzi la curva, che mi è costata il dito medio ad Adria, è diventata la mia preferita».

Come sei riuscito a diventare campione italiano?

«Il campionato nazionale di velocità si svolge in tre zone (selettiva nord, centro e sud). Io ho partecipato ovviamente a quello nord: le gare erano cinque da due tappe ciascuno. Io non partecipato a una gara perché i medici mi hanno bloccato a Sette Laghi in prova, dove ho perso conoscenza dopo una caduta, facendo impaurire mio padre. Il medico mi ha fermato e non ho potuto gareggiare nelle due manche. Nonostante tutto sono riuscito a classificarmi, nella graduatoria finale, al quarto posto, che mi ha consentito di qualificarmi nella selezione finale, disputatasi ad Adria».

E qui cos’è successo?

«Nella prima manche ho vinto, mentre, nella seconda, mi sono piazzato al secondo posto, pur potendo nel finale cercare l’affondo decisivo per conquistare il primo posto. Ma il team, giustamente, per non rischiare, mi ha comunicato di accontentarmi del secondo posto perchè il titolo italiano sarebbe arrivato lo stesso. E così ho fatto».

Qual è il tuo idolo della Moto Gp?

«Indubbiamente il francese Fabio Quartararo, protagonista di epici duelli con Marc Marquez».

Chi ti ha trasmesso la passione per le moto?

«Oltre a mio padre, vorrei citare i piloti Tommaso Marcon, Alex Bassani, Nicola Settimo, Tomaso Bacigalupo, Nicola Carraro, Yari Favaro e Leonardo Giallini, figlio del proprietario del team 4 Tempi. E per la vittoria del titolo vorrei ringraziare il meccanico, Luigi Gatto».

Hai le idee chiare per la prossima stagione?

«Consigliato anche da papà, vorremmo partecipare al campionato di una categoria superiore a quella di questa stagione. Sceglieremo fra la 160 o la 110 4 speed».

La chiusura spetta al papà Fabio, che di mestiere fa il consulente assicurativo: «La vittoria di mio figlio ci ha ripagato di tanti sacrifici e della paura che ho avuto al circuito di Sette Laghi quando Erik ha perso conoscenza dopo una brutta caduta. Alla prima gara di Jesolo siamo arrivati da soli e senza sponsor, poi ecco questo grande trionfo...». —



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