Ciro Peron, la classe che non tramonta «È cambiato tutto, ma mi diverto ancora»

l’intervista
La passione e la classe non hanno età. Lo sanno tutti coloro che da anni seguono e ammirano Ciro Peron, giocatore di calcio a 5 che da oltre trent’anni calca i parquet della provincia veneziana e in questa stagione, alla tenera età di 45 primavere, dà il suo importante contributo al P5 Spinea, Serie C1 veneta, dimostrandosi per l’ennesima volta tra i migliori in campo come nell’ultimo e recente derby contro l’Annia Serenissima vinto dai gialloblu per 2-0 con le reti di Zanatta e Stocco. «Abbiamo perso un derby equilibrato dove la differenza l’ha fatta un giovanotto di 45 anni» il commento l’allenatore dell’Annia, Davide Campagner. «Ciro è stato in campo per 40 minuti effettivi, un vero esempio per tutti, per i più giovani, per i compagni e per gli avversari. Per noi... era meglio se rimaneva a casa».
«Anche dalle tribune nell’ultima partita c’era qualcuno che mi chiedeva come facevo alla mia età ancora a correre e giocare così» ricorda Peron appena rientrato con la sua immancabile bicicletta da quel lavoro che lo tiene impegnato dalla mattina presto sino a tarda sera. «È una passeggiata, niente di che. Sei chilometri andata e ritorno e li faccio anche quando piove, con un ombrello e via».
Cosa spinge però Peron a continuare alla sua età?
«Gli amici, quelli che ho in squadra come Saviolo, Scandagliato e altri che adesso non giocano più. Ma soprattutto la passione. Magari non faccio più le galoppate che facevo prima, ma quando rompo il fiato poi non sento nemmeno la fatica. Al piccolo trotto, con le accelerazioni giuste quando servono e i 40’ volano via. Il mister mi chiede sempre se me la sento, se riesco a stare in campo e io gli dico di non preoccuparsi. Nella scorsa stagione ho superato l’operazione al menisco di gennaio e sono rientrato con gli Alberto’s Angels a tre partite dalla conclusione del campionato giusto per vivere la promozione in serie C/1. Categoria che poi abbiamo ceduto allo Spinea che era appena retrocesso. Uno pensa di avere sempre 20 anni, invece avrei dovuto recuperare un po’ di più prima di ricominciare a giocare. Così all’inizio di questa stagione ero in ritardo di preparazione, ma adesso ho recuperato».
Com’è cambiato il futsal in tutti questi anni?
«È cambiato soprattutto nel fattore giovani. Una volta eravamo molto più umili. Inoltre si sono modificate anche le marcature, guardano più l’uomo della palla. Una volta si vedevano i giocatori della Prima squadra come se fossero degli idoli, adesso basta che abbiano fatto settori giovanili importanti e credono di sapere tutto. Rimpiango quei tempi».
Un passato fatto di soddisfazioni sportive ma anche di amarezze.
«Ricordo con maggiore affetto la promozione in serie A/2 con il Dese (stagione 2005/06). Nella partita decisiva contro Imola, anche se sono stato espulso, una delle mie poche volte in carriera, strappammo il pass per la promozione. Ebbi da ridire con un brasiliano, uno dei loro giocatori più forti. Ma nonostante la mia espulsione riuscimmo a perdere di due sole reti, dopo aver vinto a Trivignano di tre (5-2, 1-3 n. d. a.) . Gli emiliani erano una squadra attrezzata appena retrocessa dalla serie A2, quindi, molto forti. Invece per quanto riguarda le delusioni, devo pensarci. Una è sicuramente quella della sconfitta di Brescia, sempre quando giocavo a Dese. Un pesante 9-1 dopo il nostro vantaggio iniziale. Ma anche la semifinale di Coppa Italia persa con il Venezia a Perugia, a un passo dalla finale. Erano gli anni della serie A1 di Marian».
Adesso un futuro tutto da scoprire. Con il P5 Spinea che conta su Peron.
«Puntiamo a salvarci il prima possibile, poi se la salvezza arriverà presto, ci toglieremo qualche soddisfazione. Siamo a metà strada dai playoff e playout. Può succedere di tutto. Ma il futuro per ora non è una mia priorità. Non so cosa vorrei fare, ma mi piacerebbe rimanere legato al calcio, magari il calciotto, o a livello amatoriale. Su un rettangolo verde. Perché è da tanto che non sento il terreno erboso. Sono passato al futsal quando uno dei miei più cari amici, Francesco Bernardis, me lo ha insegnato. Lui ha un paio di anni più di me e lunedì scorso, il 27 gennaio, ha compiuto gli anni. Sono un po’ in ritardo per gli auguri, ma voglio ringraziarlo per le partite sulla pista di pattinaggio in Viale San Marco, da cui è cominciato tutto. Veramente però non so cosa potrò fare domani. Intanto mi confronterò con la mia famiglia. È grazie a loro se posso andare avanti. Se ci dovessero essere le condizioni anche proseguire in serie C1. Con un anno in più sulle gambe».
Ma con tanta passione che è il vero motore. Quella che invita a provare anche ai più giovani.
«Preparatevi bene, trovate la passione e non mollate mai. Io torno a ringraziare i miei familiari. Ho sempre scelto durante la mia carriera di non allontanarmi mai da loro. Ma rifarei tutto quanto. Una volta ho rinunciato a 6500 euro al mese dell’Arzignano, nel 2001/02, per la famiglia e per i compagni di squadra del Dese. Perché ho sempre dato la priorità e tanta importanza ai rapporti umani, a quelli personali. Ed è capitato molte volte di rimanere deluso, sia con il Dese, sia alla conclusione dei miei anni al Città di Mestre».
Alla fine l’importante per Peron è una cosa.
«Divertirsi. Quando dovessi smettere di divertirmi potrei appendere le scarpette al chiodo. E se continuo a farlo il merito è di mia moglie Silvia. Che mi è sempre venuta dietro, accollandosi lunghe trasferte con i bambini piccoli, seguendomi per tutta Italia. Lei mi ha sempre detto “se ti piace, vai” e allora io continuo a correre...». –
Alessandro Torre
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