Centazzo, gloria della Spes con un futuro da inventare

Ginnastica. Uno dei più grandi atleti mestrini, ora allena i giovani del club «Spenti i riflettori delle gare, per me ora tutto è più difficile. E cerco un lavoro»

MESTRE. Gianmatteo Centazzo oggi è un allenatore di ginnastica artistica. La sua passione, la sua vita. Un passato glorioso non gli ha permesso però di garantirsi un futuro altrettanto importante. Oggi, come lui stesso dice, «mi basterebbe un lavoro, uno qualsiasi, invece è tutto difficile. Dopo che ho smesso con la mia attività non ho più trovato qualcosa da fare. Adesso metto anima e corpo nella ginnastica artistica e nel suo insegnamento». E si capisce che è così quando si vede come parla dei suoi ragazzi, Niccolò Mozzato, Stefano Patron e Filippo Castellaro che sta facendo crescere con la Spes Mestre, risultato, dopo risultato. Soprattutto per Niccolò «che ha molte potenzialità, peccato per la testa» (e lo punzecchia guardandolo, ndr).

Questi ragazzi sono il futuro della Spes, Matteo Centazzo è stato il suo passato, nemmeno così lontano. Nato nel 1970 dal 1984 al 1996 è stato componente della squadra italiana di ginnastica artistica con cui ha collezionato oltre 50 presenze. Tra queste le entusiasmanti prestazioni nel primo posto alle Universiadi di Buffalo nel 1993, lo storico quinto posto all'Olimpiade di Barcellona 1992 e l'oro a squadre ai Giochi del Mediterraneo a Montepellier nel 1993. A livello individuale nel suo personale palmares cinque titoli nazionali assoluti dal 1989 al 1993. Una bacheca invidiabile che nel 1992, in occasione delle Olimpiadi appena ricordate, lo porta a diventare un personaggio famoso. «Dalle stelle alle stalle. Per un ragazzo di ventidue anni era una cosa enorme, girare per feste, divertimento. Poi tutto è finito come se niente fosse. Fama e gloria dimenticate». Ma gli è rimasta la Spes. «La mia casa, dove sono cresciuto, quella che ancora oggi amo e dove passo la maggior parte del mio tempo. Sono mestrino e sono vissuto da sempre con la ginnastica artistica, mi è sembrato naturale continuare ad insegnare qui». E trasmettere la stessa passione che lo ha animato negli anni migliori. «Ma è difficile trasmettere ai ragazzi il piacere nel fare fatica. Come ha fatto il mio allenatore Sergio Fiorini alla Spes. Credo di essere un motivatore, ma per molti è una dote naturale usare gli attrezzi, bisogna sempre mettere anima e cuore».

Da grande atleta a istruttore. «Credo di essere un buon tecnico, ho ambizione e anche umiltà. L’ambizione che mi porta a spingere questi ragazzi raggiungere i massimi livelli». Ma questo non mette un po’ di pressione ai ragazzi? «La ginnastica artistica alla fine è come tutti gli altri sport, devi saperla vivere con serenità. Mi rivolgo anche ai genitori che devono capire che la disciplina deve piacere ai loro figli, loro la praticano. I miei genitori mi hanno sempre appoggiato e alla fine questo mi è servito per raggiungere i risultati».

Alessandro Torre

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