Alessia Tognolli Un pensierino per tornare in pedana

Regina della sciabola, oro mondiale, ora fa l’arbitro ma potrebbe cedere alla “tentazione”: «Sarebbe fantastico»
Di Simone Bianchi

VENEZIA. Ha studiato danza, abbracciato il fioretto e finito con l’innamorarsi della sciabola. La scuola veneziana della scherma ha sfornato tanti talenti negli ultimi tre decenni, e tra questi anche Alessia Tognolli che oggi ha un piede giù dalla pedana ma tra pochi mesi potrebbe risalirci a pieno titolo. Una atleta a tutto tondo: timida quando deve parlare di sé, determinata quando si tratta di lottare per una medaglia e non solo. Sono lontani gli anni in cui danzava sulle punte, e per fortuna che una sua compagna delle elementari la convinse ad andare al Dielleffe a provare il fioretto. «Mi trovai subito bene in pedana» racconta, «mi piaceva proprio la scherma. Fino al 1998 sono andata avanti con il fioretto, anche se ogni tanto chiedevo al maestro Lamastra di provare la sciabola. Non voleva, anche perché all’epoca non era arma per le donne. Poi, quando c’è stato il via libera a livello internazionale, non ci ho pensato due volte ed è stato amore a prima vista. Sono stata una sorta di pioniera in Italia, ma mi sono tolta tante soddisfazioni».

Uno sport che prima di tutto è disciplina, e sensazioni forti che Alessia Tognoli riassume così: «La sciabola mi ha entusiasmato, sempre fantasiosa e divertente, in grado di renderti vitale e vivace. Il ragionamento va fatto in due-tre secondi al massimo, perché gli assalti non durano molto di più, e per far tutto devi avere già le idee chiare in testa, riuscendo pure a trovare soluzioni rapide e adeguate alle risposte che arrivano dalla tua avversaria. Spettacolo puro e semplice».

Alessia appena aveva l’occasione “fuggiva” a Padova per assistere al Trofeo Luxardo, forse la prova di sciabola maschile più prestigiosa al mondo. «Ma la seguivo anche in televisione, come in occasione delle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Certo che, a essere sinceri ci speravo, ma mai avrei pensato di potermi davvero cimentare con quest’arma».

Nel 1999, anno sperimentale per le donne, arrivano i primi successi con gli ori a squadre under 20 e assoluti. Alessia Tognolli cresce, si trasferisce all’Accademia Romana di Scherma e studia nell’università. Seoul e Budapest sono solo due delle città nelle quali trionfa, poi inizia a intravvedersi il sogno olimpico di Atene 2004. A Roma nel centro federale c’è Christian Bauer che comanda, maestro esigente per far fare il salto di qualità alla nostra sciabola. Lei ce la mette tutta ma poi manca la qualificazione olimpica. «Una delle delusioni più grandi della mia carriera, che fa il paio con la gara individuale di Seoul dove, per una stoccata, non sono entrata in zona medaglie. Mi presi un anno sabbatico. In seguito sono tornata a Venezia, scegliendo di spostarmi al Petrarca Padova dove ho iniziato i corsi per diventare istruttore triarma anche sul fronte paralimpico. Lì ho conosciuto Vittorio Carrara». Nel 2009 comincia l’avventura a Scaltenigo con l’Officina della Scherma, poi apre un fronte anche nell’arbitraggio ed è già protagonista da tempo sia per la scherma in piedi che per quella in carrozzina (Iwas), come la scorsa settimana a Riccione. «La scherma mi ha dato emozioni, gioie e delusioni» conclude l’atleta veneziana, «mi ha portato amici con la A maiuscola, aiutandomi poi a confrontarmi con me stessa. Portandomi ad essere la persona che sono. L’oro di Seoul me lo sento ancora dentro, e anche a Riccione mi sono emozionata sentendo l’inno di Mameli. Il futuro? Tutto da scrivere, vado avanti a piccoli passi. Risalire in pedana all’Officina per fare la serie A/2 sarebbe bello, e significherebbe fare da traino alle ragazze che ho visto crescere. Mi emoziona anche questo».

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