Quella lunga scia di sangue e morte che sconvolse e terrorizzò il Paese

la storia
padova
La Via Crucis di vite diverse. Quella di Marino Occhipinti, 53 anni, uno dei membri della “banda della Uno bianca”: condannato all’ergastolo nel 1997, dall’altro ieri tornato “in libertà”; che un Venerdì Santo di otto anni fa aveva mosso il primo ideale passo verso l’uscita dal carcere di Padova, dov’era recluso (ma dal 2012 in regime di semilibertà), partecipando a una Via Crucis. Quella dei familiari di Carlo Beccari, la guardia giurata di 22 anni uccisa nel febbraio 1988 mentre era in servizio all’esterno di un supermercato emiliano, in un assalto cui Occhipinti aveva preso parte. Quella delle famiglie delle 24 vittime di una delle più feroci organizzazioni criminali del secondo dopoguerra, che per 8 anni ha seminato il terrore, intersecandosi con il più oscuro periodo della storia repubblicana, ancora in attesa di definitivi chiarimenti non solo giudiziari: anche politici.
Tra il 1987 e il 1994, quel pugno di delinquenti passati alle cronache per essersi serviti di un’anonima utilitaria di color bianco si sono resi responsabili di 103 azioni criminose tra Emilia Romagna e Marche: 91 rapine a banche, uffici postali, supermercati, distributori di benzina, e altri 11 attacchi mortali assolutamente gratuiti, specie a sfondo razzista; bastava uccidere. Un massacro: 24 morti, 102 feriti. Vittime trasversali: 6 carabinieri, 1 poliziotto, 2 guardie giurate, 2 benzinai, 4 pensionati, 2 rom, 2 extracomunitari, 1 artigiano, 1 direttore di banca, 1 dirigente d’azienda, 1 elettrauto, 1 fattorino. Un bottino pari a 2 miliardi delle vecchie lire. E una scia di terrore, ma anche di interrogativi inquietanti.
Il tutto gestito non da delinquenti di professione, ma dal loro esatto contrario: poliziotti, quelli che avrebbero dovuto combatterli. A cominciare da Roberto Savi, agente della questura di Bologna con la passione per le armi e un passato da attivista di destra nel Fronte della gioventù, assistente capo alla centrale radio della squadra mobile; dal fratello Fabio, che voleva a sua volta arruolarsi in polizia ma era stato scartato per un difetto di vista, e faceva lavori saltuari; dall’altro fratello Alberto, di stanza al commissariato di Rimini. E ancora: Pietro Gugliotta, operatore della centrale radio della questura di Bologna; e Luca Vallicelli, agente scelto della Polstrada di Cesena.
Di quel gruppo faceva parte anche Occhipinti: poliziotto della Mobile alla sezione della narcotici col ruolo di vice sovrintendente, ed esponente del sindacato autonomo di polizia.
Quella fantomatica Uno bianca è entrata di diritto nelle pagine più oscure della storia d’Italia: l’ha spiegato Giovanni Spinosa, magistrato che alla vicenda ha dedicato un certosino lavoro, inquadrandola nella partitura più generale della strategia della tensione. Gli anni della scoperta dell’esistenza di Gladio. Dello scontro tra lo Stato e l’ala stragista dei corleonesi di Cosa Nostra in seguito al primo maxiprocesso alla mafia. Delle bombe di via Capaci e via D’Amelio, per togliere di mezzo Falcone e Borsellino. Delle stragi cittadine: via Palestro a Milano, 5 morti e 12 feriti; via dei Georgofili a Firenze, 3 morti e 41 feriti. È in un simile contesto che la banda della Uno bianca si rese protagonista di due efferati assassini: 20 aprile 1988, Castelmaggiore, Bologna, vittime due carabinieri; 4 gennaio 1991, quartiere del Pilastro a Bologna, vittime tre carabinieri.
Dopo lunghissime indagini, inquinate da una serie di depistaggi, la banda venne individuata il 22 novembre 1994; Occhipinti fu arrestato sette giorni dopo, e tre anni più tardi venne condannato all’ergastolo. Quel giorno del febbraio 1988 era arrivato alla Coop di Casalecchio di Reno assieme ai fratelli Roberto e Fabio Savi. Prima i tre fecero esplodere una bomba rudimentale confezionata da Roberto in casa sua; poi cominciarono a sparare all’impazzata: Carlo Beccari, che prestava servizio assieme ad altre guardie giurate, fu freddato da più colpi. L’assalto venne attribuito a un gruppo di rapinatori siciliani; solo quando la banda fu smascherata si risalì ai veri responsabili. Occhipinti, nel frattempo, si era tirato da parte: non c’era in altre stragi successive, come quella del Pilastro. Continuò a fare il poliziotto, ma non aprì mai bocca sui suoi ex soci che nel frattempo continuavano a seminare morte. Tacque fino al giorno dell’arresto. Oggi, è tornato un uomo libero. —
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