Negli occhi aveva i volti dei suoi figli

Lavorava come muratore per mantenere la famiglia rimasta in Bosnia. Aspettava il rinnovo del permesso di soggiorno  
Aveva compiuto 31 anni da meno di tre mesi Dragan Cigan, originario di Celinac in Bosnia. Era il 28 aprile, aveva festeggiato a San Martino di Lupari, dove abitava con la sorella Zurica e suo marito Sveto Regojevic. Era stata una festa a metà, venata di tristezza: Dragan da nove mesi non vedeva la sua famiglia, la moglie e due figli, un bambino di 4 e una bambina di 9 anni - gli stessi che devono essergli passati davanti agli occhi vedendo i due bimbi di Roncade annaspare nell'acqua - ai quale ogni mese mandava buona parte del suo stipendio di muratore.

Padre responsabile, un bravo marito. Ma qui in Italia era soprattutto un immigrato extracomunitario che viveva da sette anni alle prese con le leggi per il soggiorno. «Da più di sei mesi attendeva il rinnovo del permesso di soggiorno - racconta il cognato Sveto - andava e veniva dall'internet cafè per verificare le liste pubblicate on line di extracomunitari al quale è stato accordato. Senza di quello non poteva tornare a vedere i suoi figli in Bosnia. Perché c'era il rischio che senza i documenti regolari non potesse più rientrare in Italia, e per la sua famiglia sarebbero stati seri problemi visto che lui era la loro unica fonte di reddito. Ora non so come faranno».
 «Ha sempre lavorato nei cantieri della provincia di Padova come muratore - continua il cognato - negli ultimi tempi aveva cambiato ditta di riferimento e si era messo a lavorare per una srl di Onara perché nella precedente di San Martino di Lupari non si trovava bene. Il suo nuovo titolare invece lo aveva preso in buon occhio e aveva aiutato molto tutta la nostra famiglia. A Dragan piaceva lavorare e amava l'Italia, anche se soffriva del non poter vedere la sua famiglia. Con i colleghi non aveva mai avuto problemi perché era un gran lavoratore. Ogni tanto lo trovavo malinconico a guardare le foto dei suoi figli. Ora non sappiamo cosa raccontare alla moglie. Con che parole glielo possiamo dire?».

La sua vita era già stata pesantemente mutilata negli affetti fin dalla giovinezza, quando lui e sua sorella Zurica erano rimasti orfani di entrambi i genitori, vittime delle atrocità della guerra che sconvolse la Bosnia Erzegovina tra il 1992 e il 1995. «Da allora siamo rimasti soli - racconta tra le lacrime la sorella - e siamo sempre rimasti uniti. Era il mio punto di riferimento, tanto che quando sono venuta in Italia lo abbiamo chiamato a vivere con me e mio marito». Il pianto la travolge; qualcuno le offre un bicchiere d'acqua, lei scuote la testa, lo sguardo nel vuoto.

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