L’allarme di Legambiente per il Brenta: «Batteri fecali oltre i livelli di sicurezza»
Presentati a Fontaniva i nuovi dati di operazione fiumi, l’annuale iniziativa dell’associazione ambientalista. A Cadoneghe registrata una presenza di Escherichia coli tre volte superiore ai limiti. Inquinamento anche a Piove di Sacco

«La cartolina che emerge quest’anno dal Brenta è tutt’altro che rassicurante: i batteri fecali superano in alcuni tratti le soglie di sicurezza fino a triplicarle, segnalando un rischio sanitario che non possiamo più ignorare».
I nuovi dati di Operazione Fiumi, presentati a Fontaniva da Legambiente con il supporto di Arpav, aprono con questo campanello d’allarme la quinta edizione della campagna di citizen science dedicata ai corsi d’acqua veneti.
Il focus è tutto padovano: Fontaniva, Cadoneghe e Piove di Sacco sono i tre snodi in cui la presenza di Escherichia coli risulta più critica, effetto congiunto – spiegano – delle piogge torrenziali di primavera e del dilavamento dei reflui zootecnici nelle rogge collegate al fiume. A Cadoneghe il campione ha fatto registrare 15.531 MPN/100ml, oltre tre volte il limite di 5.000 che Arpav fissa per gli scarichi; a Piove di Sacco si scende a 12.033, comunque oltre il doppio. «Si tratta di picchi inediti per il monitoraggio», sottolinea Francesco Tosato, portavoce di Operazione Fiumi, «chiediamo alle autorità di individuare quanto prima la fonte di queste contaminazioni, perché l’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi potrebbe trasformare un’anomalia in normalità».
A Fontaniva e alla foce di Chioggia i valori non oltrepassano la soglia di scarico, ma triplicano quella, più severa, dei mille MPN indicativi di buona qualità per le acque interne. In controtendenza, i prelievi effettuati a Bassano e a Cartigliano risultano nei parametri: un segnale che la pressione antropica cresce via via che il Brenta scende verso la pianura.

L’analisi microbiologica, pur centrale, non è l’unica lente puntata sul fiume. Entro fine anno Legambiente diffonderà i risultati su glifosate e Pfas, sostanze che Arpav ha già riscontrato in concentrazioni oltre la media annua in due corpi idrici del bacino. «Erbicidi, pesticidi e composti fluorurati sono nemici silenziosi», ricorda Tosato, «e il loro mix con la scarsa variabilità morfologica del Brenta richiede un progetto di tutela complessivo, a partire dall’istituzione del Parco Regionale».
La fragilità dell’ecosistema padovano è al centro dell’intervento di Franco Sarto, presidente del circolo Legambiente Alta Padovana: «La falda che disseta un milione e mezzo di veneti si sta abbassando anno dopo anno. Esistono piani per ricaricarla con bacini d’infiltrazione, ma restano sulla carta. Chiediamo alla Regione di finanziare aree di compensazione permanente nella fascia di alta pianura: invasi naturali dove far defluire l’acqua in eccesso durante le piene, restituendola al sottosuolo prima delle siccità estive».

Se la qualità chimica del Brenta, nella fotografia Arpav 2024, è classificata «buona» salvo due eccezioni, il parametro morfologico resta «sufficiente o scarso»: argini rigidamente incanalati, golene sacrificate, vegetazione riparia discontinua. Tutti fattori che riducono la capacità di autodepurazione del fiume e amplificano gli effetti degli scarichi.
«Serve un cambio di passo che coinvolga Comuni, consorzi di bonifica e settore agricolo», insiste Sarto, «perché la gestione delle acque non può più rincorrere l’emergenza, deve anticiparla». Nel frattempo, la campagna proseguirà verso sud, toccando Vigonovo e Chioggia; ai volontari il compito di raccogliere altri campioni, ai cittadini quello di pretendere risposte rapide. La cronaca di oggi pone una domanda semplice: quanta cura siamo disposti a investire nel fiume che attraversa la nostra provincia e, con essa, il nostro futuro?
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