Matt Damon e il film «Un uomo minuscolo per un grande regista»

Se piccolo è bello, grassoccio dev’essere ancora meglio, o almeno così pare, a vedere Matt Damon sbarcare al Lido mediamente appesantito, di umore incerto, camicia nera e scarpe da ginnastica, e...
Se piccolo è bello, grassoccio dev’essere ancora meglio, o almeno così pare, a vedere Matt Damon sbarcare al Lido mediamente appesantito, di umore incerto, camicia nera e scarpe da ginnastica, e raccontare che il suo ruolo di uomo lillipuziano di “Downsizing” (in concorso) «è stato fin troppo facile». Subito dopo ce n’è per il presidente americano: «Trump non sta facendo nulla per l’ambiente, sta distruggendo quello che ha fatto Obama, pensa solo all’economia e a incrementare il lavoro. Bisogna solo aspettare che se ne vada». Cinquantaquattro film, un Premio Oscar, due Golden Globe, due red carpet a Venezia74 (il secondo, dopo quello di ieri sera, sarà sabato per “Suburbicon” di George Clooney), Matt Damon impresta la sua faccia da uomo comune alla fantasia del regista Alexander Payne che gli cuce addosso minuscoli pantaloni e magliette da bambola rimpicciolendolo come se fosse uscito da una lavatrice sbagliata.


«È una storia bellissima, originale, unica» dice l’attore «che ha un’empatia potentissima e presenta un personaggio che ha una vita completamente diversa dalla nostra. Sicuramente, alla fine, è un film ottimista». Ristretto a dodici centimetri d’altezza, con addosso lo 0,036 per cento della massa corporea, Matt Damon è l’eroe dai buoni sentimenti che, per aiutare a salvare il pianeta dalla sovrappopolazione, ma anche per offrire alla moglie una casa da Barbie che costa come un gelato, accetta di diventare un uomo mignon. La prima preoccupazione, quando si sveglia dopo l’iniezione di Downsizing in un forno a microonde, è naturalmente accertarsi che gli attributi, pur striminziti, siano ancora al proprio posto, sebbene la moglie all’ultimo ci abbia ripensato decidendo di restare nel mondo dei grandi.


In Matt Damon, il regista ha voluto cogliere solo gli avanzi di Jason Bourne, il fondo del “Sopravvissuto”, chiedendogli di essere buono, corretto, pronto al sacrificio in nome dell’umanità, e per questo visceralmente green. «Credo tutti vorrebbero lavorare con Payne» dice l’attore «io per lui sarei pronto a recitare l’elenco del telefono».


Non dice, tuttavia, cosa farebbe se dovesse scegliere tra l’essere normale o il diventare extrasmall. Non hanno dubbi le due interpreti femminili, Kristen Wiig (la moglie) e Hong Chau (una dissidente vietnamita senza una gamba con la quale scatta un minuscolo amore). «Io vorrei ingrandirmi» dice la Wiig. «Io ancora di più, visto che sono già rimpicciolita» conferma la Chau, vera rivelazione del film, che qualcuno vorrebbe già destinataria di un premio.


Manuela Pivato


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