La Primavera dell'arte e del bello

Ventura, Penso e un omaggio a Roberta di Camerino
Palazzo Fortuny rende omaggio a Roberta di Camerino
Palazzo Fortuny rende omaggio a Roberta di Camerino
 E' Primavera da oggi, a Palazzo Fortuny, con un fiorire di mostre che accendono il museo di differenti esperienze in tutti i suoi spazi, da oggi all'8 maggio.  Al Piano nobile si potrà vedere «Roberta di Camerino, la rivoluzione del colore», ovvero il total look fatto di abiti, ma soprattutto di accessori, attraverso i quali la grande stilista veneziana Giuliana Coen, sposata Camerino e in arte Roberta (in ricordo della canzone del film «Smoke get in your eyes», che le aveva suscitato grandi emozioni) si è distinta per avere operato, negli anni '50, una vera e propria rivoluzione: appunto, la celebre «rivoluzione del colore».  Attraverso alcune geniali invenzioni - soprattutto l'utilizzo di velluti e di accostamenti cromatici del tutto insoliti per le borse femminili, ma anche di forme stravaganti e divertenti, come il bauletto Bagonghi (tanto amato dalla principessa Grace di Monaco), lo stile Roberta portò una ventata di novità e di freschezza nel mondo della moda, e negli anni '60 iniziò a interessare anche altri accessori dell'abbigliamento femminile, foulard, ombrelli, valigie, per trovare infine un altro campo di sperimentazione nell'abito da giorno e da sera, per il quale Giuliana inventò il trompe-l'oeil, in cui i revers, i bottoni, le pieghe, le cinture non sono reali ma semplicemente stampate sul jersey. La mostra giunge al Museo Fortuny dopo il grande successo ottenuto al Museo Revoltella di Trieste e presenta - attraverso un suggestivo allestimento che gioca tra i rimandi dei colori degli abiti e quelli dei dipinti esposti, in una perfetta armonia d'intenti tra il suo mondo e quello di Mariano - sessanta borse, datate dai primi anni Cinquanta agli anni Settanta, una ventina di abiti e altrettanti ombrelli e foulards.  Contestualmente, al pianterreno si può ammirare «L'Automa», un inedito percorso-racconto visivo ambientato a Venezia durante la Seconda Guerra Mondiale, realizzato dal fotografo Paolo Ventura, milanese che vive e lavora a New York. La città e le sue componenti vengono descritte ed interpretate attraverso una ventina di fotografie e un modellino.  Ventura offre allo sguardo una sorta di artificiosa e ben confezionata bugia che, con dovizia di dettagli, risulta tanto verosimile quanto lo sono gli elementi narrativi dal sapore tragico e desolante della guerra, frutto di memorie familiari tramandate durante l'infanzia.  La vicenda si sviluppa nel 1943, sotto l'occupazione tedesca. Venezia è una città vuota e avvolta permanentemente da una sottile nebbia surreale che ne appiattisce i volumi e la tramuta in una sorta di quinta teatrale. Qui, un vecchio ebreo, ormai solo, appassionato di libri e automi, decide di costruirne uno, programmandone i meccanismi affinché in occasione di pranzi e cene saluti il suo anziano commensale con un fragoroso brindisi. In quello stesso anno, inizia il rastrellamento del Ghetto.  Al secondo piano, infine, «Circuito genetico. Rsbp», dell'artista veneziano Michelangelo Penso: una serie di opere realizzate tra il 2009 e il 2011 sviluppano la ricerca, basata sull'osservazione dell'universo scientifico, che caratterizza il suo lavoro più recente. L'osservazione e l'analisi delle immagini dei microrganismi conducono alla realizzazione di sculture che hanno il titolo e la struttura di formule matematiche complesse.

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