Il Sogno in una foresta di zingari: Shakespeare è modernissimo

MESTRE. Commedia tra le più famose di Shakespeare, scritta probabilmente nel 1595 e andata in scena per la prima volta nel 1596, “Sogno di una notte di mezza estate” affonda solide radici e riferimenti nei classici. Nei secoli è stata rappresentata tantissime volte: ne sono state tratte versioni musicali e per il grande schermo, da ultimo vent’anni fa il film di grande successo con Michelle Pfeiffer e Rupert Everett.
Al Toniolo nel prossimo fine settimana (le repliche sono in programma venerdì 22 alle 21, sabato 23 alle 19, 30 e domenica 24 alle 16, 30) è in cartellone un’edizione meno originale di quanto potrebbero far pensare le impegnative dichiarazioni del regista Massimiliano Bruno. «Quello che voglio da questo “Sogno” è tirare fuori la dimensione inconscia che Shakespeare suggeriva neanche troppo velatamente - spiega - a proposito di un testo in cui mito, fiaba e quotidianità si intersecano continuamente senza sosta».Ma quali mutamenti subiranno luoghi e personaggi nella rilettura che propone Massimiliano Bruno? «Il nostro bosco sarà foresta, patria randagia di zingari circensi e ambivalenti creature giocherellone – prosegue il regista – Puck diventerà un violinista che non sa suonare, Bottom un pagliaccio senza palcoscenico, Oberon un antesignano cripto-gay e Titania una ammaestratrice di bestie selvagge».
L’adattamento di Bruno mira e ad avvicinare il testo shakespeariano al pubblico moderno intervenendo soprattutto sul linguaggio e lavorando su personaggi ed interpreti, quattro dei quali nella assortita e folta distribuzione (nel complesso 14 sono gli attori in scena) sicuramente dotati di spiccata personalità. Si tratta, nello specifico, di Stefano Fresi, Violante Placido, Paolo Ruffini e Augusto Fornari tutti impegnati in ruoli da protagonista. Lo spettacolo è una produzione Corte Arcana/Isola Trovata/Francesco Bellomo, scene e costumi sono di Carlo De Marino, le musiche di Roberto Procaccini. Il disegno luci è di Marco Palmieri. La natura poetica del testo è ben esemplificata dalle parole con cui Puck si congeda nel finale dal pubblico “Se noi ombre vi abbiamo irritato non prendetela a male, ma pensate di aver dormito, e che questa sia una visione della fantasia. Noi altro non v’offrimmo che un sogno». —
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia