Fenice, torna Madama Butterfly: a guidare l'orchestra il direttore veneziano Balsadonna

l’intervista
La Fenice, dopo l’esordio di ieri, torna il 9, 11, 20, 22 e 29 settembre Madama Butterfly di Puccini con la regia di Alex Rigola e le scene e i costumi di Mariko Mori. È una produzione di successo, passata sotto la bacchetta anche di Myung-Wun Chung. In questa circostanza dirigerà Renato Balsadonna, a lungo attivo come maestro di coro in prestigiose istituzioni e ora una carriera di concertatore che incontra molti consensi.
«Sono nato a Mirano e i miei studi musicali si sono svolti prevalentemente a Padova. Prima pianoforte, ma mi sono diplomato a Milano, poi composizione con Bruno Coltro. A Padova ho anche studiato filosofia, all’università. Venezia per me è stata soprattutto la Fenice, un luogo mitico in cui venivo ad assistere a straordinari e indimenticabili spettacoli. Tornare in questo teatro da direttore d’orchestra è una sensazione fortissima, è come entrare nel mito».
Nel suo già ricchissimo curriculum, spiccano due collaborazioni: quella con Norbert Balatsch, direttore del coro del Teatro di Bayreuth, tempio wagneriano, e quella con Antonio Pappano, prima al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles e poi alla Royal Opera House Covent Garden di Londra. Cos’ha imparato da loro?
«Con Balatsch ho imparato che in Wagner il suono, l’espressione musicale derivano dalla parola. Di riflesso anche l’orchestra deve riferirsi alla parola. Quando si fa il repertorio italiano il suono deriva da altri fattori. C’è dunque l’esigenza di divenire idiomatici a seconda della lingua in cui un’opera è scritta. Da Pappano ho imparato la necessità di lavorare a lungo al pianoforte con i cantanti sulle intenzioni, sull’espressività e solo dopo riportare tutto questo in orchestra. Fare l’opera non pone solo problemi musicali. Bisogna partire dal libretto, dalla storia, dai tempi di una determinata scena».
Dirigerà Butterfly. Da ex direttore di coro, è stato sorpreso di trovarsi i coristi in platea e non in quinta, nel celebre “Coro a bocca chiusa”?
«Ne ero già stato informato. Nella stilizzazione molto suggestiva di questo allestimento, debbo dire che la soluzione non disturba per niente. Il fine è quello di far sì che il pubblico si senta “avvolto” da questo canto. Lo rende in qualche maniera più penetrante».
Non c’è solo l’opera ad impegnarla. Svolge un’intensa attività sinfonica in Europa e Stati Uniti. Quali autori frequenta maggiormente?
«Recentemente ho diretto la Sinfonia Fantastica di Berlioz. È un autore che impone uno studio accurato. Non si trova immediatamente la chiave per entrare nel suo mondo, ma quando la si ottiene, è come navigare in un golfo affascinante. Da poco ho affrontato la Quarta di Brahms. Già solo a leggere la partitura si prova una sorta di vertigine».
Ha diretto anche The Minotaur di Harrison Birtwistle. Qual è il suo rapporto con la musica contemporanea?
«Non possiamo esimerci dall’affrontare la produzione dei nostri tempi. È un preciso dovere se non vogliamo chiuderci in un museo e coltivare solo il passato. Ogni volta che mi invitano per un concerto, sollecito gli organizzatori a inserire brani moderni in programma, o addirittura a commissionare della nuova musica». —
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