Berizzi sotto scorta per le minacce neofasciste «Non abbiamo ancora visto la destra peggiore»
intervista
A Paolo Berizzi di Repubblica va il premio speciale Parise per i giornalisti minacciati. Ieri la consegna a Treviso.
Berizzi, lei vive sotto scorta da mesi, dopo le minacce e le intimidazioni dei gruppi neofascisti e neonazisti, fenomeno da lei narrato sulle pagine di Repubblica e poi nei suoi libri, a cominciare da “Nazitalia”.
«Ricevo ogni giorno minacce di morte e intimidazioni. Anche ieri. L’ultimo striscione contro di me è stato affisso a Roma dai Fedayn, un tempo di sinistra. Ma non mi fanno paura, ogni minaccia mi spinge a fare il mio dovere».
Cosa cambia una scorta?
«Tutto. Sono pezzi di libertà che se ne vanno, devi rimodulare vita e lavoro. Ma è un prezzo che pago volentieri, faccio un lavoro dove il primo obbligo è informare, raccontare la verità, non tacerla. E come dice il mio direttore Verdelli, sono un caso unico. Ho una scorta per minacce di gruppi e movimenti che non dovrebbero nemmeno esistere, secondo Costituzione e leggi. Invece hanno persino spazi di agibilità politica e visibilità».
Le leggi Scelba e Mancino.
«Purtroppo fra le meno applicate in Italia. E parliamo di gruppi e movimenti che hanno accumulato oltre 1000 denunciati, tra leader e simpatizzanti di casa Pound, Forza Nuova e altri gruppi, decine e decine di arresti. I veri clandestini in Italia non sono gli immigrati, ma gli aderenti a questi movimenti fuorilegge incredibilmente tollerati».
Quanti gravitano nell’estrema destra neofascista o neonazista?
«Un censimento è impossibile, ma sono tantissimi. Ci sono tanti luoghi di reclutamento. Gli stadi: le curve di Lazio, Inter, Verona e Varese sono le più nere d’Italia. Poi le periferie del welfare nero, la distribuzione di pasta e viveri agli italiani più poveri. E le scuole. I nazifascisti del terzo millennio si presentano bene, ma dietro la facciata l’anima nera fa paura, e si riallaccia ai movimenti degli anni ’70, come ben sapete voi qui a Treviso e in Veneto. Verona è una capitale italiana del fenomeno».
Come si combatte?
«L’applicazione delle leggi è il primo segnale, per uno Stato che si proclama antifascista, da Costituzione, ed è nato dalla Liberazione e dalla Resistenza. Ma la magistratura spesso derubrica, ravvede il mero esercizio della libertà di pensiero, com’è accaduto per la spiaggia “nera” di Chioggia. Ma ci sono altri tre fronti. Le scuole, bisogna raccontare ai giovani cos’è stato il nazifascismo; l’informazione, perché molti italiani non sanno e non conoscono le sponde politiche di cui godono questi movimenti; la politica e le istituzioni, che devono essere esemplari. Invece in Italia succede che partiti al governo, e ministri “flirtino” con partiti stranieri xenofobi, razzisti, talora apertamente neonazisti».
Lei accusa la Lega e Salvini, di aver sdoganato l’estrema destra.
«È un dato di fatto. L’ex ministro dell’Interno, persino dalla sua posizione istituzionale, ha lanciato segnali a questi movimenti: post in rete, vestiti, libri. È il fascioleghismo. Quando il 25 luglio, data di nascita del Duce, scrive sui social “tanti nemici, tanto onore” o cita altre frasi di Mussolini, non è un caso. Sono messaggi in codice all’estrema destra. E mai una presa di distanza, anzi. Di fatto ha lanciato a un’Opa su quel bacino elettorale».
Ma alle urne Forza Nuova e Casa Pound sono allo zero virgola. Paese immune?
«No, affatto. È la Lega oggi, a raccogliere il voto reale del l’ultradestra».
E il futuro, come lo vede?
«Non sono ottimista, la destra peggiore non l’abbiamo ancora vista. Temo ne vedremo delle brutte, primo test sarà la piazza del 19 dicembre a Roma. Oggi ricevo il premio Parise, mi piace pensare che Goffredo, con la sua penna vorace e curiosa, andrebbe oggi nelle periferie del suo Veneto, a capire come intolleranza e razzismo attecchiscano nelle comunità da lui raccontate magistralmente». —
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