«Viviamo in un Paese di cialtroni che crede all’acqua argentata»

L’intervista
Due truffatori che si sarebbero spacciati per medici, un blocchetto di ricette con cui falsificavano le prescrizioni, boccette di acqua d’argento, rimedi naturali e onde elettromagnetiche. Sono una trentina i pazienti che si sono affidati all’ambulatorio gestito da una naturopata e dal marito kinesiologo a Mogliano.
Persone «di tutte le età e con le più svariate patologie, tra le quali purtroppo anche qualcuna oncologica nel frattempo venuta a mancare». Le indagini dei carabinieri di Noale hanno scoperchiato la “truffa dell’abbraccio” ma la riflessione dello psichiatra e sociologo padovano Paolo Crepet va oltre, si cala sul terreno delicatissimo e franoso della malattia, tra le paure e le speranze di chi sta lottando contro gravi disturbi di salute. L’Istat certifica la propensione del Nord Est ai trattamenti alternativi.
Sette cittadini ogni 100 ci credono e ne fanno uso, più che nel resto d’Italia. Guru e santoni, imbonitrici mediatiche alla Vanna Marchi e consigli carpiti da Google per trovare l’elisir di lunga vita. Cosa ne pensa?
«La verità è che non siamo un paese scientifico, c’è una complicità culturale che ci spinge a credere in tutta una serie di fenomeni che non hanno nulla di scientificamente provato. Addirittura i test Invalsi hanno certificato che siamo un paese di ignoranti e la vocazione alla cialtroneria mi sembra ben documentata anche dalla politica».
Crepet lei legge tra le pieghe, restringe il campo, sonda le vicende di un Veneto ricco e forse illuso. Cosa ci sta succedendo?
«Sapere che in una terra meravigliosa come il Veneto, dove c’è una università di Medicina straordinaria a Padova, dobbiamo combattere chi crede nell’acqua argentata: è incredibile. E questa sarebbe la locomotiva d’Italia».
La cronaca degli ultimi mesi non fa che alimentare il suo interrogativo. Cosa la colpisce di più?
«A Padova è stata appena pronunciata una sentenza di primo grado in cui i giudici hanno condannato i genitori di una ragazza per averla convinta a rifiutare la chemioterapia e a curare la leucemia con delle vitamine. A Treviso un’avvocatessa con la figlia immunodepressa è stata costretta a fare decine di chilometri per trovare una classe di vaccinati in cui mandare la bambina».
Secondo lei esiste una correlazione tra benessere economico e scetticismo nei confronti della scienza?
«Non sentiremo mai parlare di no vax in Africa, i no vax sono tipici delle società opulente che credono in una sorta di onnipotenza e ritengono di poter fare a meno perfino della medicina. Eravamo quasi diventati immuni a certe malattie, come la polio e il morbillo, insieme al benessere sono arrivate anche le potenze occulte, le visioni paranoiche, il delirio. Ci sono le prove che la scienza ha fatto passi da gigante ma qualcuno grida al complotto».
Che ruolo ha il web in tutto questo?
«È l’espressione di una contraddizione in termini».
Vale a dire?
«Chi non crede nella scienza usa lo smartphone, un prodotto di tecnologia complessa creato dalla scienza, ma poi cura la ferita del figlio con una ragnatela. È un controsenso culturale buffo, ma c’è poco da scherzare».
Internet permette a tutti di esprimersi, può essere difficile orientarsi, non trova?
«Gente che vaga nella chat di Whatsapp dove dibatte contro i vaccini, gente che naviga online e rispolvera Stamina e Di Bella dovrebbe tornare ai colombi viaggiatori e ai segnali di fumo per essere coerente fino in fondo. Se non si crede nello scienziato medico allora non si dovrebbe credere nemmeno agli ingegneri di Zuckerberg che stanno lavorando al 5G, una tecnologia che avrà notevoli implicazioni anche in ambito medicale. Se si rifiuta la scienza lo si dovrebbe fare in toto».
Quali responsabilità ha invece la politica?
«Sui casi Stamina, Di Bella, Bonifacio è stata scritta una pagina poco edificante sulla pelle dei pazienti. Il metodo Di Bella ha avuto anche un riconoscimento istituzionale, fu adottato da alcune regioni, ad esempio la Puglia. Su Stamina ricordo le piazze gremite e il presidente del consiglio schierato al fianco delle famiglie, per carità non è un reato, ma serve attenzione. Bonifacio che voleva curare il cancro con lo sterco di capra accolto sul sagrato della basilica di Santa Maria in Trastevere. L’Italia è poco reattiva e anche la Chiesa non combatte ferocemente i cialtroni».
Però non vanno dimenticati i pazienti, la malattia può rendere fragili, cosa direbbe loro?
«La disperazione e la paura meritano rispetto e comprensione. Ma il livello culturale del nostro Paese non è toccato dalla disperazione. Tutte le istituzioni, dal Ministero della Salute agli assessorati alla Sanità delle Regioni, dovrebbero essere presenti, preparati. Spetta allo Stato promuovere il cambiamento culturale e spetta al popolo indignarsi. Invece siamo il Paese in cui pare quasi si debba vergognare il medico e non il ciarlatano».
Quella di Mogliano è stata chiamata la “truffa dell’abbraccio” non crede che a volte sia proprio la mancanza di empatia da parte della medicina tradizionale a spingere i pazienti nelle braccia della pseudoscienza?
«La scienza non è impeccabile e non è infallibile, ma è una sola. La tecnologia ha sicuramente migliorato le terapie ma allo stesso tempo ha allontanato il medico dal paziente. Pochi minuti da dedicare all’ammalato possono aprire una breccia, su questo che furboni e azzeccagarbugli ci sguazzano. La medicina tradizionale deve riflettere, ma al contempo trovo strano che una persona che vive nel 2019 con un’auto, una bella casa, pc e smartphone nuovi di zecca, si faccia bastare un abbraccio».
Crede che le cose potranno cambiare in positivo?
«Mi auguro che la magistratura sia terrificante nei confronti di chi ha violato i diritti della persona. Una volta accertata la colpevolezza spero che la pena sia drammatica. L’abuso della professione medica è uccidere la vita e la speranza delle persone. Questo non è accettabile». —
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