«Vittime degli abusi, dal summit a Roma inizia la nostra sfida»

Simone Padovani, portavoce di Eca Global e Rete l’Abuso «Dopo i buoni propositi, ora il Papa dovrà intervenire»



Lo storico summit contro la pedofilia nella Chiesa si è concluso da poco, ma per le associazioni delle vittime degli abusi la battaglia si è aperta ora.

Lo spiega Simone Padovani, 37 anni, originario di Schio e residente da cinque anni a Venezia. Fotografo per Getty e per il Collettivo Awakening, Padovani è anche psicologo di comunità e portavoce di Eca Global (Ending Clergy Abuse) e di Rete l’Abuso. Si è avvicinato all’associazione italiana, diretta dalla vittima Francesco Zanardi, per coordinare il progetto Fotovoice, una tecnica per esprimere la violenza subìta attraverso gli scatti.

Qual è il bilancio dei giorni a Roma?

Negativo, ci aspettavamo dei fatti, ma alla fine ci sono stati i soliti annunci. Il Papa aveva infatti la possibilità di rendere esecutive due richieste da solo, ma non lo ha fatto. A questo punto noi saremo la sua spina nel fianco e fino a quando non verranno concretizzati i buoni propositi, ci faremo sentire e trovare nei luoghi delle sue visite ufficiali.

Cosa poteva fare il Papa?

Abbiamo scritto un documento con 21 richieste. Tra queste il Papa poteva inserire nella legge universale canonica la nostra richiesta di rimuovere immediatamente qualsiasi religioso giudicato colpevole, anche di un singolo atto commesso in passato e chi lo avesse coperto. L’altra richiesta che poteva fare da solo il Papa era quella di riportare all’autorità civile qualsiasi atto di abuso fisico o psicologico compiuto verso un minore. Ripeto, queste due richieste potevano essere attuate subito. Abbiamo inoltre chiesto che ci sia un registro trasparenza dove pubblicare i file completi degli abusi contro bambini o adulti vulnerabili di tutti gli ordini religiosi.

Cosa si intende per adulti vulnerabili?

Per esempio le suore abusate, un problema non ancora affrontato, ma che esiste.

Quali sono stati i momenti più toccanti del summit?

Premetto che eravamo una quarantina di vittime e attivisti da tutto il mondo tra Rete l’Abuso ed Eca Global. Anche in questo caso avevamo chiesto più e più volte di incontrare il Papa e ci siamo sempre resi disponibili ogni giorno, ma Francesco non ci ha mai ricevuti. I momenti più toccanti sono stati quando hanno parlato Giuseppe Consiglio dell’Istituto Provolo di Verona e Alessandro Battaglia di Rozzano. Battaglia ha parlato nel discorso a Castel Sant’Angelo, quando le forze dell’ordine ci hanno permesso di fare la marcia.

Cos’è successo?

Avevamo chiesto di organizzare una marcia, ma ci è stata negata. Abbiamo deciso di fare comunque il percorso, camminando come liberi cittadini da Piazza del Popolo a Castel Sant’Angelo. Grazie alle forze dell’ordine italiane e vaticane che ci hanno scortati abbiamo comunque potuto farla, lanciando la nostra Campagna Zero. Zero tolleranza per gli abusatori e per chi li copre e zero anche come ripartire da zero dopo la violenza.

Nel sito Rete l’Abuso avete anche voi una mappa. Come vi contattano le vittime?

Nel nostro sito abbiamo segnato su una mappa soltanto i casi di persone condannate, ma ci sono tante altre vittime che non denunciano. I dati raccolti segnalano 300 preti in Italia che negli ultimi dieci anni sono stati condannati, ma il nostro obiettivo è far capire alle vittime che noi siamo qui per supportarle anche legalmente e che non saranno sole nell’affrontare questo percorso.

Quali sono le testimonianze delle vittime?

Allora intanto c’è da dire che una cosa che accomuna tutte le storie è che in genere la vittima proviene da un contesto sociale svantaggiato. È in questo contesto che spesso i familiari affidano il bambino a un religioso, fidandosi. La paura della vittima è quella di non essere creduta. Chi ne parla molto spesso viene isolata. Noi però vogliamo ribadire che ci siamo. In Italia è ancora più difficile affrontare la questione perché c’è il Vaticano, per questo noi ci aspettiamo di più. Noi non siamo contro la Chiesa, né contro il Papa, ma contro chi si nasconde dietro agli abiti religiosi per compiere abusi. Un atto concreto come si sarebbe potuto fare avrebbe aiutato anche le vittime a non perdere la fede, come a volte capita.

Com’è messa l’Italia nel contesto internazionale?

Lo scorso 23 e 24 gennaio l’Onu ha detto di non aver mai ricevuto i dati chiesti al governo nel 2014 e ha preso la nostra mappa perché non ce n’erano altre. Ha richiamato l’Italia dicendo che dovrebbe tutelare i diritti del fanciullo. —



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