Venezia: si rompe il crociato durante la lezione di arti marziali a scuola, Miur condannato

Nel 2008 il giovane si è rotto il crociato durante una lezione di difesa personale al liceo artistico statale di Venezia: sentenza esecutiva da mesi, ma il Miur non paga
 
VENEZIA. Il Ministero dell’istruzione, Università e Ricerca è stato definitivamente condannato - la sentenza è esecutiva da febbraio - ma non ne vuole proprio sapere di pagare il dovuto: a 11 anni dall’infortunio subito durante un corso di arti marziali, lo studente, che oggi è sulla soglia dei trenta, e nel frattempo ha fatto l’università e si è laureato, deve ancora ricevere gran parte del risarcimento che gli spetta.
 
Ma l’attesa sta per finire: nei prossimi giorni partirà l’atto di precetto, preludio, qualora il Ministero rimanga ancora silente, di un’azione esecutiva nei confronti del Miur.
 
Il fatto si verifica nel 2008 al Liceo artistico Statale “Marco Polo” di Venezia: l’alunno, allora 19enne, ha aderito, tra le attività “aggiuntive” promosse dalla scuola, a un corso di fitness, ma il giorno dell’ultima lezione, essendo assenti tutti gli altri compagni che avevano scelto la sua disciplina, viene “dirottato” alla contemporanea lezione di difesa personale e arti marziali, organizzata dallo stesso istituto in palestra.
 
Ed è qui che succede il “patatrac”: coinvolto in una figura dimostrativa dall’istruttore, un prof. dell’istituto esperto di judo, lo studente, che non aveva alcuna dimestichezza con quella pratica, cade malamente a terra rimediando un trauma distorsivo-contusivo al ginocchio destro con rottura del legamento crociato anteriore.
 
Una gran brutta lesione, che lo costringe a un intervento chirurgico e a un lungo periodo d’inabilità e poi di riabilitazione, e che gli lascia postumi permanenti nell’ordine di almeno otto punti di invalidità. 
 
Il ragazzo, che abitava e risiede tuttora a Musile di Piave, ed era appena maggiorenne, e i suoi genitori, per ottenere un giusto risarcimento si sono affidati, tramite l’Area Manager e responsabile della sede di San Donà di Piave, Riccardo Vizzi, a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, ma nonostante tutti i tentativi per raggiungere un accordo stragiudiziale l’istituto, come l’istruttore, hanno continuato a negare ogni responsabilità nell’accaduto, e il danneggiato è stato risarcito esclusivamente della somma di 5.553 euro in relazione alla polizza infortuni stipulata dal liceo. Una cifra del tutto insufficiente in rapporto ai danni fisici e morali patiti dal ragazzo.
 
Inevitabile la citazione in causa avanti il Tribunale di Venezia nei confronti del Miur, del maestro di arti marziali e delle compagnie di assicurazione del Ministero, Inter Partner Assistence e Axa, proposta dai legali dello studente, Alessandro Menin, del Foro di Venezia, e Andrea Piccoli, del Foro di Treviso, con cui Studio3A ha collaborato nella gestione del lungo ed estenuante caso.
 
E il giudice di primo grado ha dato ragione piena all’alunno, riconoscendo la responsabilità dell’infortunio in capo al Miur, qualificando il corso di difesa personale come “attività pericolosa”, e contestando il coinvolgimento nella stessa di un soggetto “del tutto inesperto” nonché “l’omissione di controllo sul punto” da parte dell’istituto organizzatore del corso.
 
Nè è conseguita la condanna nei confronti del Miur e delle sue compagnie assicurative al pagamento della somma di ulteriori 15.756,31 euro oltre ai 5.553 già percepiti dall’infortunato e agli interessi di legge. 
 
Un pronunciamento confermato dalla Corte d’Appello di Venezia, dove gli avvocati Menin e Piccoli avevano appellato, peraltro anche qui con successo, la sentenza di primo grado eccependo sul quantum stabilito dal giudice.
 
“Si ritiene che da un lato, dando ingresso alla diversa attività, vi sia stato un comportamento dell’Istituto scolastico, nella persona dell’insegnante, non rispondente e debordante dalla programmazione formativa in precedenza operata e presentata agli studenti, e dall’altro che l’attività aggiuntiva abbia comportato la messa in campo di un’attività sicuramente pericolosa in relazione ai comportamenti da porre in essere per la sua realizzazione e alla platea dei destinatari, sicuramente non avvezzi alla detta attività” recita la sentenza della quarta sezione civile, che ha anche accolto alcuni dei motivi dell’appello, riconoscendo ad esempio un incremento del 10% a titolo di danno morale, rideterminando il credito risarcitorio in complessivi 22.756,63 euro (comprendendo anche la somma già pagata) ed aumentando il calcolo degli interessi dovuti: una somma molto vicina a quella richiesta inizialmente.
 
Il Ministero è stato condannato anche alla rifusione delle spese di lite del doppio grado di giudizio (4.835 euro per il primo e in 3.777 per il secondo) e di quelle per la consulenza medico legale. Insomma, condanna su tutta la linea. 
 
La sentenza, deliberata l’11 aprile 2018, è stata pubblicata il primo febbraio 2019 e da tale data è diventata esecutiva, ma in più di nove mesi, nonostante i solleciti per chiudere quest’annosa vicenda, il Miur ha continuato a fare orecchie da mercante. Ora però la pazienza è finita. L’avv. Menin procederà con il recupero coattivo nei confronti di un ministero dello Stato.
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia