Venezia, i mille del Laguna Pride colorano la città

La parata dei diritti dalla stazione a Santa Maria Formosa: “Noi esistiamo e quindi resistiamo”

Maria Ducoli

Bandiere, look coloratissimi, brillantini a più finire. E poi la musica, da Raffaella Carrà, madrina del Pride, a Lady Gaga. Questo venerdì 6 giugno, Venezia è tornata ad essere la città dei diritti, che hanno preso corpo nella parata arcobaleno del Laguna Pride, snodata dalla stazione Santa Lucia fino al campo di Santa Maria Formosa.

Una sfilata in cui hanno trovato spazio persone di tutte le età, associazioni e comitati cittadini, incarnando così l’essenza stessa del pride: solo dove c’è posto per tutti, c’è posto per ciascuno.

Il corteo

Lo slogan di quest’anno è “Giù le mani dai nostri corpi”, che unisce le battaglie transfemministe per i diritto delle donne di autodeterminazione sui loro corpi, dall’aborto al contrasto ai femminicidi, alla lotta contro l’omo e la transfobia. Giù le mani, poi, anche dai corpi delle popolazioni sottomesse, martoriate dalle guerre, a Gaza come in Ucraina.

«Scendiamo in piazza perché non c’è liberazione queer senza liberazione della Palestina», hanno spiegato le attiviste ai microfoni, mentre il sole faceva luccicare i brillantini con cui si sono cosparse guance e capelli, «smettiamo di colpevolizzare la resistenza e ignorare i movimenti lgbt palestinesi. La liberazione queer è lotta contro tutte le oppressioni, per la giustizia, libertà e dignità».

Libertà e dignità che, ancora oggi, spesso vengono meno: «Ho 21 anni e il giorno del mio compleanno i miei mi hanno sbattuto fuori casa, perché ho detto loro che mi sono innamorata di una ragazza», racconta con gli occhi lucidi una giovane veneziana, arrivata in centro storico con la speranza di trovare uno spazio, nella marea colorata, per essere se stessa. Perché il Pride, dice, è anche questo: è comunità che diventa famiglia. E mai come quest’anno le famiglie, tutte, nella loro accezione più ampia, sono state presenti al Laguna Pride.

 

«Rivendichiamo con forza il nostro diritto ad esistere e contestiamo l’attacco che stiamo subendo da parte del Governo Meloni», hanno spiegato le mamme arcobaleno, «perché i figli e le figlie si proteggono con le leggi e non con le sentenze».

Le richieste

Tra le istanze sollevate, il matrimonio egualitario, le adozioni per tutti, l’accesso alla procreazione medica assistita anche per le donne single e per le coppie lesbiche e la depenalizzazione della gestazione per altri. «La discriminazione che ora vivono i figli delle coppi edi uomini è inaccettabile e violenta», aggiungono gli attivisti, «la lotta per rimuoverla sarà senza tregua».

La marea arcobaleno che ha attraversato Venezia ha portato alla ribalta anche il tema della residenzialità: «Abbiamo deciso di scendere per le calli perché le nostre rivendicazioni passino per una declinazione materiale della nostra autodeterminazione. Oltre le politiche dell’identità, oltre al diritto di esistere, noi vogliamo tutto e vogliamo Venezia. La monocultura turistica si sta mangiando la città, la turistificazione la sta svuotando dei suoi spazi per i residenti e per la socialità», hanno ribadito, «noi persone queer viviamo la città accompagnate dal peso dell’omobitransfobia: sono sempre meno i luoghi sicuri per noi».

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia