Venezia, il sindaco Brugnaro insiste: «Sui quadri non scherzo, chi ha idee migliori lo dica»

MESTRE. «Prima de morir vardando un quadro, vendo el quadro». Usa un'immagine colorita, il sindaco Luigi Brugnaro, per ribadire il concetto. Non ci sono soldi in cassa, il bilancio comunale è al disastro. Extrema ratio, la vendita del patrimonio culturale. Cominciando da Klimt e Chagall. «Piuttosto di vedere un bambino in un'aula dove gli piove in testa e noi non abbiamo i soldi per riparare la scuola, vendo qualche opera».
La risposta al ministro. Il ministro Franceschini ha stroncato l'idea. «Forse il sindaco scherzava». «No no, non scherzavo per niente», insiste Brugnaro davanti al suo pubblico plaudente nella sala di Santa Maria delle Grazie, «e poi non ho parlato di opere d'arte antiche, né di collezioni. Ma di qualche opera di modernariato. I soldi dei quadri devono andare alla gente. Dobbiamo salvare i veneziani e non solo i monumenti. Se hanno qualche idea migliore me la diano. Anche la Borlotti, Bortolotti, come si chiama, venga qui a parlare col sindaco invece dirci cosa dobbiamo fare. Non lo capisce che non possiamo mettere la tassa sui turisti?»
La Mostra del Cinema. Brugnaro prosegue a ruota libera: «Proporrò alla Biennale di pensare a una rassegna di film d’autore, italiani. Magari da ridere. ’Sti film della Biennale sono belli ma alla fine i more tutti! Dobbiamo ridere, qua non si ride più».
Accanto al Brugnaro tribuno, all’imprenditore «che si è fatto da sè» e ha scalato in tre mesi le vette della politica, ecco il Brugnaro che fa ridere. Una vena comica che sdrammatizza, incute simpatia. Magari mascherando, come accusano i suoi oppositori, la mancanza di soluzioni.
Fatto sta che le barzellette di Berlusconi e la satira di Grillo non tengono il confronto. Ieri Brugnaro in versione comics ha tenuto banco per quasi due ore. Strappando applausi e risate. E introducendo una dimensione nuova della politica e dell’amministrazione veneziana. Che parla in dialetto, fa battute, allude. E propone: «Alla Biennale Architettura voglio vedere i giovani architetti veneziani. Dobbiamo dare a loro gli incarichi per progettare il nostro territorio».
Il gusto per la comicità. Il sindaco annuncia serio il salvataggio del Venezia. Poi racconta i retroscena. «Abbiamo trovato la persona giusta. Pensate che ho ricevuto di tutto, gente improbabile. A uno ho detto: Ti vol costruiir lo stadio? Ma come, se no ti ga gnanca la macchina? Come queo dee panoce: el se gà fumà anca quee...» ("Vuoi costruire lo stadio? Ma come se non hai neppure la macchina? Come quello delle pannocchie, si è fumato pure quelle...")
Risate, cenni di assenso. «Adesso comandemo noialtri», si fa serio il sindaco. Ricostruisce la sua campagna. «Sapevamo che l’importante era conquistare il fortino, da qui si decide».
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