Venezia. Il ritorno delle reti da pesca dove l’acqua è più calda

VENEZIA. Seragie, reti da pesca e cogoli. La laguna tra Porto Marghera e il Tronchetto è disseminata di attrezzi per la pesca. Erano scomparsi, adesso le concessioni sono state rinnovate. Un tema che fa discutere.
«Impediscono all’acqua di circolare , le reti si riempiono di alghe e non lasciano filtrare la corrente», accusa Arrigo Cipriani, «l’oste più famoso del mondo come lui ama definirsi, titolare dell’ Harry’s bar e studioso di tematiche lagunari, «anche il pesce in quelle acque deve essere squisito per alcuni ristoranti, ma certo non vive in acque pulite. Il Provveditorato deve intervenire».
Le reti e le chebe per la maturazione delle moeche, granchi prelibati senza guscio il cui prezzo arriva fino a 80 euro il chilo, si vedono dal Ponte della Libertà. In queste giornate di basse maree di fine gennaio sono in parte completamente all’asciutto. Il pesce entra nella rete e si ferma alla fine nel cosiddetto cogolo.
Le moeche invece vengono lasciate a mollo finché il granchio del tipo spiantano perde il carapace e diventa appunto una moeca.

Perché i pescatori cercano di impiantare la loro attività in quel tratto di laguna, trafficato e non sempre pulito?
«Il fattore determinante», spiega un pescatore di Burano, «è dovuto alla temperatura dell’acqua. A Marghera, grazie anche alla vicinanza con gli scarichi dell’acqua calda della vicina centrale dell’Enel di Fusina, la temperatura dell’acqua è più alta che nel resto della laguna, dunque un habitat favorevole alla riproduzione del pesce». Così, mentre a Burano e Pellestrina la maturazione può avvenire per un paio di stagioni ogni anno – in autunno e in primavera – a Marghera e sulle acque del Ponte della Libertà la produzione è assicurata tutto l’anno. E il provveditorato (ex Magistrato alle Acque) ha firmato le nuove concessioni. Soddisfatti i pescatori, che possono far fronte a una situazione di crisi generalizzata.
«Ma è contro il buon senso», denuncia Cipriani, «lo sappiamo tutti che lì l’acqua non è pulita».
Il divieto di pescare in quelle zone era stato firmato dall’ex provveditore Roberto Linetti. Che aveva anche revocato alcune concessioni. «Si era scoperto ad esempio», fanno notare gli esperti, «che le reti in quella posizione facevano da tappo. Impedivano il flusso delle correnti e dunque la pulizia dei fondali sotto le arcate in mattoni del ponte della Libertà. Risultato, inquinamento diffuso e scarsa circolazione delle acque dall’altra parte del ponte. Pulizia avviata, e attività ridotta.

Adesso le seragie sono ricomparse. Sono reti resistenti e molto particolari. Destinate a rimanere in acqua per molti giorni. Finché i pescatori concessionari dei tratti di terreno lagunare vanno a ritirare il pesce rimasto intrappolato. Attività che nel resto della laguna attraversa una profonda crisi. È diminuita la quantità di pesce, in particolare alcune tipologìe non si trovano quasi più. L’aumento della velocità delle correnti e il cambiamento della qualità – e della salinità – delle acque ha ad esempio fatto quasi sparire i pesci da fondale, come le sogliole e i passarini, i go (ghiozzi) e le anguille (bisati). —
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