Venezia, da laguna a lago entro la fine del secolo. «Dobbiamo preparaci al cambiamento»

L’intervista
Venezia, la bella città sulle rive di un lago. Tra meno di un secolo i nostri posteri parleranno così di quella che fu un tempo una laguna. L’immagine fa rabbrividire eppure questo cambiamento ci sarà ed è inevitabile. Il mare sarà sempre più invadente e prima o poi, se si vuole salvare Venezia, bisognerà chiudere la laguna e separare la città dal mare. «La domanda non è se accadrà, ma quando accadrà», spiega lo scienziato Georg Umgiesser, dirigente di ricerca al CNR di Venezia, «L’innalzamento del mare non si può fermare. Possiamo intervenire per posticipare questo evento, ma non per fermarlo». In questo periodo lo scienziato, originario di Norimberga e da 36 anni a Venezia, sta scrivendo insieme al collega Davide Tagliapietra un articolo proprio sullo scenario futuro di Venezia.
Si sta ancora parlando di quando entrerà in funzione il Mose, ma voi scienziati state già pensando al dopo. Come mai?
«Il Mose se entrerà in funzione potrà proteggere Venezia per un certo periodo, ma non è stato concepito per entrare in funzione ogni giorno. La comunità scientifica è d’accordo nel ritenere che alla fine del secolo, cioè tra soli 80 anni, il livello del mare si alzerà di 50 centimetri. Questo è l’aumento che trova tutti d’accordo, ma è una media. Con questa ipotesi bisognerebbe chiudere la laguna dalle 300 alle 400 volte all’anno, mentre il Mose è stato pensato per essere utilizzato una ventina di volte all’anno».
Qual è il futuro che ci aspetta?
«È inevitabile che prima o poi dovremo separare Venezia dal mare e quindi chiudere la laguna. Venezia diventerà in questo senso una città su un lago. Quando lo diciamo noi scienziati veniamo considerati delle Cassandre, ma invece bisogna iniziare a parlarne e a creare occasioni di incontro con i cittadini».
Non ci sono dei modi per impedire che la laguna venga chiusa?
«No, si può posticipare il momento. Quello che si può fare, come hanno già spiegato i professori Giuseppe Gambolati e Pietro Teatini, è innalzare la città di 30 o 40 centimetri, ma tenendo presente che comunque il problema verrà rinviato alle generazioni future».
Come potrebbe diventare una Venezia sul lago?
«Bisogna prepararsi a questo processo. La laguna dovrà essere chiusa e i fiumi deviati, come ha già fatto la Serenissima. Questo significa che ci sarà un cambiamento completo dell’ecosistema, a partire dalle specie presenti. Inizialmente si potrebbe pensare a immettere dell’acqua salata, ma poi alla fine con il tempo prevarrà l’acqua dolce».
L’ultima domenica di agosto c’è stata una marea eccezionale. È un brutto segnale?
«È vero, è stata una marea molto anomala, ma da un solo evento non si può mai generalizzare. Certo è che negli ultimi anni questi eventi sono stati sempre più frequenti, basti pensare che nel 2019 abbiamo avuto cinque maree eccezionali sopra i 140 centimetri in un mese. Da questa frequenza si può dire che c’è un collegamento con i cosiddetti cambiamenti climatici, quindi con l’innalzamento del mare».
Di quanto si è alzato il mare?
«Dobbiamo prendere come punto di riferimento il momento in cui si è iniziato a misurare il livello del mare, segnando zero nel 1890 a Punta della Dogana. Da allora il livello è aumentato di 30 centimetri, nei prossimi 70 anni aumenterà di 50. Quindi nella metà degli anni aumenterà del doppio. Dobbiamo parlarne, non c’è più tempo per rimandare».
Cosa stanno facendo gli scienziati?
«Il CNR è nato proprio dopo l’Aqua Granda del 1966 per dare un contributo scientifico alla città e al problema delle maree. Inizieremo a fare delle simulazioni su quello che accadrà. Sia ben chiaro, noi non stiamo dicendo che vogliamo chiudere la laguna, ma stiamo spiegando perché questo processo è inevitabile e perché bisogna parlarne il più possibile, senza fare finta che non esista il problema». —
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