Vendevano puntatori laser a Caorle, dodici indagati
CAORLE. Giro di vite della Procura di Pordenone sui puntatori laser fuori legge. Il sostituto procuratore della Repubblica Federico Facchin ha deciso di procedere nei confronti di dodici ambulanti bengalesi, sorpresi dalla Guardia di finanza di Caorle, sezione operativa navale, a vendere lungo le strade e le spiagge amplificatori di luce verde con una potenza ben superiore rispetto alla soglia prevista dalle normative vigenti. Dispositivi che possono causare danni permanenti alla vista e che vanno maneggiati, dunque, con grande cautela. Dodici indagati, per alcuni dei quali si profila la richiesta di un decreto penale di condanna, per altri, invece, la richiesta di rinvio a giudizio per porto di armi e strumenti atti ad offendere. Nel novero di armi potenziali indicate dal codice penale sono compresi anche i puntatori laser. Per i destinatari del decreto penale, il pm Facchin ha chiesto la condanna a una pena di 16.750 euro di ammenda, oltre alla confisca e distruzione dei puntatori laser posti sotto sequestro. La palla ora passa al giudice per le indagini preliminari. Ma con questa inchiesta la Procura ha voluto dare un segnale: tolleranza zero nei confronti di chi mette a repentaglio la salute e la vista altrui. Perché quelle scie luminose verdi che sempre più spesso illuminano le serate d’estate, possono celare molti pericoli. Meglio diffidare, soprattutto se i dispositivi non sono accompagnati da un’etichetta che specifica nel dettaglio le caratteristiche del prodotto e le istruzioni per l’uso. Fra la merce in vendita degli ambulanti, le fiamme gialle hanno rinvenuto dai due ai quattro puntatori laser fuori legge a testa. Il consulente tecnico nominato dal pm ha evidenziato che i puntatori laser da lui esaminati sono pericolosi a causa dell’intensità delle emissioni luminose. Appartengono alle classi “3R” e “3B”, non commercializzabili in base all’ordinanza del ministero della Sanità del 1998, che vieta la vendita di puntatori laser di classe pari o superiore a 3. Per finire i puntatori venduti a Caorle non avevano istruzioni per l’uso chiare e in lingua italiana, né presentavano le targhette obbligatorie in cui viene dato conto dei pericoli associati all’utilizzo di tali dispositivi.
Ilaria Purassanta
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