Vandelli vuole farsi interrogare

L’ex difensore di Felice Maniero, il padovano Enrico Vandelli, vuole farsi interrogare, vuole parlare e per questo il giudice veneziano Antonio Liguori ha rinviato l’udienza al 23 maggio prossimo dopo aver respinto le eccezioni preliminari presentate dal difensore dell’ex legale, l’avvocato Rodolfo Bettiol. Quest’ultimo ha spiegato che la competenza territoriale a giudicare non sia del Tribunale di Venezia, bensì quello di Verona, dove ha sede la società di intermediazione finanziaria attraverso la quale sarebbe stato riciclato il miliardo di vecchie lire. Quindi, ha sostenuto che il reato sarebbe già prescritto, visto che dai fatti contestati, sarebbero accaduti stando al capo d’imputazione tra il 1991 e l’ottobre 1993, sono ormai trascorsi ben 19 anni.
Il pubblico ministero Paola Mossa si è opposta, spiegando che i reati di competenza della Procura antimafia compiuti in tutto il Veneto si giudicano a Venezia e, per quanto riguarda la prescrizione, tra il 1993 e oggi ci sono stati atti che l’hanno interrotta. Il giudice Liguori ha respinto le eccezioni e, dopo aver saputo, che Vandelli vuole farsi interrogare ha rinviato l’udienza.
L’ex avvocato padovano, che è già stato condannato quattro anni e mezzo di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso (pena già scontata), e il cognato promotore finanziario sono accusati di aver riciclato un miliardo di vecchie lire di cui 560 milioni di Felice Maniero, 150 del cugino Giulio Maniero e altri 200 di Giuliano Rampin. Stando alle accuse, si tratterebbe di soldi raccolti grazie all’attività criminosa della banda della Riviera del Brenta, traffico di droga, rapine e gestione delle bische clandestine, che Vandelli avrebbe ricevuto e poi passato al cognato, il quale grazie alla sua attività avrebbe investito in titoli, obbligazioni e polizze, tutti gestiti dalla «Dival Sim spa», la società presso la quale lui lavorava.
Giorgio Cecchetti
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