Valese, l’ultima fonderia in attività

Basta poco per ricordare che Venezia, nei secoli passati, era “casa” di numerose fonderie artistiche. Lo stesso termine “ghetto” nacque qui nel XIV secolo dal veneziano “geto”, che gli ebrei di origine tedesca pronunciavano “ghèto” per indicare la gettata di metallo fuso (il “getto”) all'interno di una fonderia di ferro. Oggi, nel centro storico di Venezia, l'unica fonderia rimasta in attività è la “Fonderia Valese”, fiera di un secolo di vita e di esperienza che ha portato alcune delle sue creazioni negli hotel più prestigiosi della città, come il Gritti, e poi al teatro Fox di Atlanta, alla Casa Bianca, fra le mani della famiglia Kennedy, dei reali di Inghilterra e di conosciuti artisti come Jean Arp. È Giovanni Valese a raccontare la storia della fonderia, che dal 1965 ha trovato il suo posto vicino alla Madonna dell'Orto, in un affascinante laboratorio che, nei giorni di produzione, diventa meta di turisti appassionati e clienti del negozio-atelier di Calle Fiubera. Fu suo padre, Luigi Valese, a fondarla nel 1913 e Giovanni, con il fratello Mario, l'ha diretta fino al 2006, anno in cui è stata ceduta a Carlo Semenzato, fedele dipendente della fonderia per 36 anni e ora suo titolare. Con le parole di Giovanni, che ha già spento novanta candeline e per tutta la sua vita si è dedicato con passione allo sviluppo dell'azienda, si torna indietro agli anni d'oro della fonderia Valese, sopravvissuta alle difficoltà dei due conflitti mondiali producendo chiavi, maniglie, appendiabiti, mostrine per i campanelli, lampadari in ottone, oggetti decorativi per le gondole e souvenir, come il leone di San Marco e la miniatura del monumento equestre di Bartolomeo Colleoni, che oggi, in negozio, si compra tale e quale ad allora. «All'inizio degli anni quaranta, la fonderia contava una trentina di dipendenti – racconta Giovanni Valese – In laboratorio si fondeva di tutto: dalle eliche in bronzo a tre pale meccaniche, che asciugavamo con forni speciali, agli accessori per le borse».
«Fra gli anni sessanta e settanta, il nostro successo è cresciuto grazie a uomo molto in gamba, un vero personaggio – aggiunge – Era un americano, si chiamava Lester Berry e grazie a lui siamo andati oltre oceano per fornire pomoli di ottone, applique e accessori al teatro “Fox” di Atlanta, in Georgia: un gran bel colpo». Grazie ai contatti statunitensi dei Valese, un lampadario fuso nella fonderia artistica è arrivato anche alla Casa Bianca durante la presidenza di Jimmy Carter, e la regina Elisabetta, in visita a Venezia, si è messa in valigia un loro souvenir prima di tornare a casa. Per scoprire la traccia lasciata dalla fonderia Valese a Venezia basta guardarsi intorno quando si cammina: la maggior parte dei bracci dei lampioni che illuminano la città sono stati fusi nella storica fonderia. Sia Giovanni Valese, sia Carlo Semenzato, che oggi la dirige, ricordano che, nel 1989, i lampioni danneggiati durante l'indimenticabile concerto dei Pink Floyd sono stati riparati qui, dove oggi, come ieri, gli accessori vengono realizzati con il tradizionale metodo a staffa e con una particolare formatura a tassello. «In fonderia, utilizziamo modelli che hanno anche più di 200 anni – racconta Carlo Semenzato – lavoriamo per privati, alberghi, turismo. I nostri oggetti vengono apprezzati nonostante il mercato dell'oggettistica sia molto vario».
«Ma potremmo lavorare di più, in particolare per l'arredamento urbano che, a Venezia, necessita di costanti interventi di manutenzione – incalza Semenzato – Da titolare dell'unica fonderia artistica rimasta a Venezia, mi rammarico del fatto che l'amministrazione non affidi a noi, come accadeva un tempo, la produzione dei bracci per i lampioni che, nel caso subiscano qualche danno, possono essere riparati qui con professionalità e senza aggravio di costi».
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