Un'amicizia finita nel sangue

In comune precedenti per droga. «Cristian girava col coltello»
Il luogo del delitto dove ieri mattina stazionavano numerose persone
Il luogo del delitto dove ieri mattina stazionavano numerose persone
 
CHIOGGIA.
«Cristian e Damiano? Erano amici, prima che succedesse questa tragedia». C'è incredulità nel racconto delle molte persone che, per tutta la giornata di ieri, hanno continuato a sostare sulla riva del canale della Fossetta. Un luogo di ritrovo abituale per la gente del quartiere che ora è diventato luogo di pellegrinaggio, nel tentativo di dare un perché ad un fatto che sembra inspiegabile. E il primo mistero è proprio l'amicizia tra i due. «Chioggia è una piccola città - dice uno - qui ci conosciamo tutti». Sì, ma il rapporto tra Damiano e Cristian era un po' più profondo e complesso. Anzitutto facevano lo stesso mestiere, quello del caparozzolante, ereditato dalle rispettive famiglie: un lavoro duro e incerto che può creare legami duraturi ma anche acerrime rivalità. Era stato proprio per questioni di vongole che Claudio Carisi, zio di Cristian, era stato, a sua volta, accoltellato, alcuni anni fa. I due ragazzi, però, si frequentavano da tempo e non sembravano avere rivalità lavorative. Altra cosa in comune sono dei piccoli precedenti per droga e pesca abusiva. Ma anche questo fa parte di un certa «normalità» legata all'età (28 anni Damiano, 30 Cristian, entrambi avrebbero festeggiato il prossimo compleanno nella prima metà di settembre) e all'ambiente sociale. Nella vita familiare Damiano era un po' più stabile: una compagna, Katiuscia, una figlia di tre anni, Aurora e un solido rapporto con la famiglia d'origine. «Veniva sempre a trovare i genitori - racconta una zia - a casa loro, a Sottomarina, ci andavano, praticamente, solo per dormire». Damiano era anche generoso, «se aveva dieci euro erano per tutti», dice un cugino. Quando era più giovane era stato anche una specie di «promessa» del motociclismo: era molto bravo sulla due ruote e avrebbe potuto fare carriera. Cristian, invece, si era sposato, ma si era separato nel giro di alcuni giorni. La sua nuova ragazza era una cinese che aveva conosciuto al bar sotto la chiesa della Navicella che lui, come Damiano, frequentava abitualmente. Della famiglia d'origine gli era rimasta solo la madre (il padre era morto molti anni fa d'infarto) con la quale risulta residente anche se, in realtà, vive per conto suo, a Sottomarina.  Ma quello che i due avevano davvero in comune era l'orgoglio, un orgoglio che sfiorava la spavalderia, per cui era difficilissimo discutere con loro senza che si inalberassero. «Caratteri forti», dicono i conoscenti, in cui la parola «forte», significa che a nessuno dei due piaceva essere contraddetto. Ma anche «bravissimi ragazzi» se si sapeva come prenderli. Il guaio è che Cristian, ogni tanto «perde il controllo». «Girava sempre col coltello in tasca - sottolinea qualcuno - e se discutevi con lui minacciava di usarlo o di venirti addosso in macchina. Poi, magari, non lo faceva davvero». Invece, questa volta, per motivi che solo lui potrà spiegare, l'ha fatto davvero. Saranno le indagini a stabilire quanto di premeditato ci possa essere stato in questo omicidio, compresa la telefonata che Damiano aveva ricevuto mentre era al luna park con la figlia e che l'ha fatto rientrare rapidamente in via della Fossetta. O quale ruolo, invece, abbia avuto l'incapacità di Cristian di controllarsi, le sue reazioni spropositate per ogni presunto torto subito, la sua pretesa di dimostrarsi «forte», che gli ha fatto uccidere un amico.

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