«Una ferita e un danno per una città ingovernata»

Manuela Pivato
Avrebbe dovuto incarnare la ripartenza, sua e dell’intera città. Gloria Beggiato, titolare dell’hotel Metropole, ragionava di Redentore da tre mesi, addirittura durante il lockdown, quando quasi tutti gli altri piangevano e lei studiava il menù insieme al suo staff. Contava di arrivare, sabato prossimo, a un’occupazione delle camere del 50 per cento, al quasi esaurito per la cena all’Orientalbar e in giardino; un’ora dopo la decisione del sindaco Luigi Brugnaro di annullare i fuochi d’artificio sono arrivate le prime tre disdette, poi, a ruota, le altre.
Come ha reagito alla notizia?
«È stata come una ferita. Era una promessa che ci ha illuso e basta».
Il sindaco ha temuto per la sicurezza.
«Certo, la sicurezza viene prima di tutto. Però bastava dirlo prima. Per settimane l’amministrazione comunale ha continuato a parlare del Redentore, i veneziani si sono preparati, i turisti hanno prenotato. Insomma, la macchina si era messa in moto e poi all’improvviso, a pochi giorni dall’evento, è arrivata questa decisione incomprensibile».
Perché incomprensibile?
«Perché non ha senso tenere il ponte votivo, mettere la musica sulle galleggianti e poi non fare i fuochi».
Quale Redentore era possibile, secondo lei?
«Un Redentore per pochi, con le giuste limitazioni, con regole magari anche molto severe. Barche per nuclei famigliari, i fuochi solo per i veneziani e i turisti residenti, limitazione delle tavolate. Insomma, un Redentore in sicurezza, stupendo, con presenze limitate».
I fuochi a porte chiuse?
«Sì i fuochi a porte chiuse. Sarebbe stata una festa bellissima, collettiva ma intima, solo per la città. E invece chi ci amministra ha preso paura. Ha preso paura perché non c’è la capacità di governare la città, che è fuori controllo. Ma è questa la strategia? E così che vengono decise le sorti della città?».
Che danno comporta l’abolizione dei fuochi?
«È un danno grave. Il Redentore avrebbe dovuto essere l’evento chiamato a salvare luglio, che normalmente è un mese difficile. Ecco, avevamo questa bella occasione davanti, non solo dal punto di vista economico, ma anche dello spirito. E invece, niente».
Lei aveva iniziato a organizzare la serata da tempo.
«Sì, come tutti. Ci sono alberghi che hanno deciso di riaprire proprio perché c’era il Redentore. Per quanto ci riguarda, avevamo chiamato una band e il dj. Poi c’è il personale in più, che deve dormire qui. E ancora, i tavoli da sistemare, il pianoforte da accordare, le candele, gli addobbi, il menù. All’organizzazione dell’evento stava lavorando una trentina di persone. Considerata la situazione avevamo fatto un prezzo particolare, 110 euro, meno della metà degli anni scorsi».
Adesso cosa farete?
«Abbiamo riflettuto a lungo e alla fine abbiamo deciso che la serata si farà, anche senza fuochi. Spero davvero che i veneziani abbiano voglia di uscire e di vivere la loro città».
Stato d’animo?
«Guardi, sinceramente sono un po’ abbattuta. Siamo tutti rimasti scioccati da questa decisione assurda che nessuno si aspettava». —
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