«Un triste esempio d’inciviltà»

La denuncia di Don Pistolato. Celebrato solo un funerale dei morti dimenticati in obitorio
Di Nadia De Lazzari

Ieri mattina commozione e fiori per il funerale di Beniamino Soldà. L’83enne veneziano era stato lasciato tre mesi nella cella frigorifera dell’obitorio dell’ospedale civile santi Giovanni e Paolo. A dare finalmente l’autorizzazione alle esequie è stato il giudice tutelare del Tribunale di Venezia. La cerimonia funebre si è svolta alle 11 nella chiesa del cimitero di San Michele in isola. L’ha celebrata don Eustachio, compresente don Ettore Fornezza. Semplici le parole dell’officiante: «E’ una circostanza dolorosa perché uno di noi, il fratello Beniamino, se ne è andato. Viviamo un momento liturgico molto forte, la Quaresima. Preghiamo per lui». E attorno a Beniamino per l’ultimo saluto si sono strette otto persone. I parrocchiani di San Giacomo dall’Orio: «Per avere informazioni sulla data della cerimonia funebre ci siamo rivolti ovunque, dalla Casa di riposo san Lorenzo all’Asl 12, dal Comune ad alcune imprese funebri. Abbiamo seguito la vicenda sulla Nuova. Gli sforzi per una degna sepoltura non sono stati inutili».

L’amico Paolo ha un nodo alla gola: «Conoscevo Beniamino da una vita. Lavoravamo per lo stesso istituto bancario. Ho cercato di rintracciare i suoi parenti chiedendo lo stato di famiglia presso l’ufficio anagrafe e mi sono rivolto alla polizia mortuaria del Comune. Non sono venuto a capo di nulla. L’altro giorno mi stavo recando in ospedale. Per caso ho visto la sua foto passando davanti alla vetrina dell’impresa funebre».Beniamino, pensionato, ha lavorato una vita alla Cassa di Risparmio di Venezia, è mancato il 29 novembre dello scorso anno. A gennaio il giudice tutelare del Tribunale aveva nominato un curatore, l’avvocato Giorgiana Bacchin. Da giorni introvabile. Per l’anziano si erano subito interessati il vice sindaco Sandro Simionato, l’assessore comunale all’ambiente con delega ai cimiteri Gianfranco Bettin, il direttore della Casa di riposo san Lorenzo Gianangelo Favaretto. Ma attualmente in una cella frigorifera dell’obitorio del Civile giace ancora un’altra salma. E’ quella del 90enne triestino Oscar Buri, deceduto lo scorso 8 dicembre nel reparto di neurologia. L’anziano abitava alla Giudecca. La sua una vita modesta. Senza affetti. Ora Oscar è avvolto nel lenzuolo dell’ospedale. Senza vestiti. Non ne ha. Grande è lo sdegno di monsignor Dino Pistolato, direttore della Caritas diocesana veneziana. Il sacerdote dapprima risolve il problema: «Datemi la taglia dell’anziano, provvederò immediatamente a consegnare i vestiti in ospedale».

Subito dopo denuncia: «L’azienda ospedaliera ha omesso di segnalare il decesso agli organi preposti. Questo è scandaloso, incivile. Ci sono tutti gli strumenti istituzionali, leggi, regolamenti, che fanno attivare l’iter burocratico per dare dignità. In questi casi il Comune di Venezia ha l’obbligo di intervenire con il funerale di povertà. Da parte nostra siamo sempre disponibili a provvedere. Ma dobbiamo saperlo. Non abbiamo la lampada di Aladino. E’ sufficiente una telefonata». A Venezia la mobilitazione per Oscar continua. L’impresa Pagliarin assicura «un funerale a titolo gratuito».

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