Venezia, entro fine anno 20 medici di base in pensione

In centro storico il 58% ha lo studio da solo, questo si traduce in più carichi. La Fimmg: «Servono 26 dottori per coprire il fabbisogno»

Maria Ducoli
Ambulatorio di un medico.
Ambulatorio di un medico.

​​Entro fine anno, 20 medici di base del territorio di competenza dell’Usl 3 andranno in pensione, di cui quattro del centro storico nel periodo compreso tra aprile e giugno, il 10% di quelli di tutta la Venezia insulare. «Ne servirebbero 26 per coprire il fabbisogno del centro storico e delle isole», spiega Cristiano Samueli, vice presidente dell’Ordine dei Medici del Veneziano e fiduciario della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), durante un incontro pubblico in sala San Leonardo, dedicato proprio al tema della medicina territoriale.

Per Salvatore Lihard, del Movimento per la difesa della sanità pubblica, intervenuto durante l’incontro, «manca una pianificazione dei servizi, considerando l’età dei medici, tutti sapevano che in questi anni ci sarebbe stato l’esodo».

L’obiettivo, spiega la Fimmg, non dev’essere solo garantire la qualità del servizio ai cittadini, ma anche ridurre il numero massimo di pazienti in carico ai singoli medici di base che, si sa, con la carenza di personale da 1. 500 spesso viene portato a 1. 800 e, in alcuni casi specifici e con deroghe locali può arrivare a 2. 000 assistiti. «Abbiamo tutti superato ampiamente i massimali», chiosa Giuseppe Palmisano, segretario della Fimmg per la provincia di Venezia, «oggi la categoria è in difficoltà per due motivi principali, i pensionamenti e la difficoltà nel passare il testimone ai giovani, quello del medico di base è un lavoro che ha perso la sua attrattività a causa dei ritmi non sostenibili, che rendono difficile la conciliazione della professione con la vita professionale».

Tra un mare di burocrazia, visite, prescrizioni e ricette per sempre più pazienti che, va ricordato, sono sempre più anziani e polipatologici, porta i medici di base non solo ad avere meno tempo da dedicare alla prevenzione, ma anche ad essere in difficoltà a rispondere ai bisogni di salute dei cittadini in tempi corretti.

«Questo avviene perché c’è molta disomogeneità sul territorio, le medicine integrate hanno il personale di segreteria che sgrava i dottori dal lavoro amministrativo, ma la maggior parte dei medici ha lo studio da solo, soprattutto in centro storico», prosegue Palmisano.

Dati alla mano, si contano 11 professionisti della Venezia insulare che lavorano singolarmente, quasi il 58%, contro cinque medicine di gruppo vere e proprie (26%) e tre reti di medici (15%). «Questa situazione», aggiunge Samueli, «viene esacerbata dall’aumento della richiesta dei cittadini, dettata dall’invecchiamento della popolazione».

Se, infatti, l’indice di vecchiaia nella città metropolitana è di 215 residenti con almeno 65 anni ogni 100 under 14, ben più alto di quello regionale, che si ferma a 189, nella città d’acqua schizza a oltre 300.

Anche in virtù dell’invecchiamento della popolazione, la medicina territoriale è al centro di un ciclone, tra la forte spinta esercitata dal modello delle Case di comunità, che propongono una riorganizzazione del sistema, e la nuova formula del “Ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta e ad attività oraria”. Nel concreto, i medici del prossimo futuro avranno un incarico che prevederà sia l’apertura di un ambulatorio in cui operare con un certo numero di assistiti, sia un monte ore di lavoro da svolgere nelle strutture e secondo le richieste dell’azienda sanitaria.

In tal senso, l’Usl fa sapere di aver individuato 267 posti disponibili in cui potrà incardinare professionisti che accettino l’incarico secondo le nuove modalità.

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