Un Tintoretto in ospedale a Venezia, svelati i segreti del Civile. «La bellezza come cura»
La struttura sanitaria è capofila di un progetto che coinvolge gli ospedali storici italiani dove tuttora si svolge l’attività sanitaria e che darà vita a programma di visite guidate

C’è un ospedale, in Italia, che non solo cura i pazienti ma è anche uno scrigno di cultura, storia e tesori d’arte. È il Civile di Venezia, che non a caso è il capofila in Italia del programma lanciato dall’associazione culturale Ospedali Storici Italiani (Acosi) che riunisce gli antichi Ospedali dove tuttora si svolge attività sanitaria (Napoli, Firenze, Brescia, Milano, Roma) e che oggi presenterà un programma di visite guidate, di itinerari riservati, di convegni, di concerti e di pubblicazioni. Porte aperte per gli ospedali più belli d’Italia, dunque, per l’intera giornata del 9 ottobre. Come detto, però, è proprio Venezia e il suo ospedale Civile a fare da capofila di questo progetto culturale.
Il motivo? «Siamo l’ospedale più bello d’Italia», dice senza indugi Mario Po’, il direttore della Scuola Grande di San Marco la cui facciata fa da ingresso proprio all’ospedale Civile. La cui storia moderna prende avvio dal 1819 ma è in realtà frutto di un percorso ben più lungo, che affonda addirittura le radici intorno al 1200.
Quando cioè a Venezia fu realizzato, in area marciana, il primo ospedale per lebbrosi che fu però ben presto spostato, per evidenti motivi sanitari come ormai abbiamo imparato dagli isolamenti imposti dalla recente pandemia, nell’isola di San Lazzaro. A epidemia conclusa, nel ’500 la Serenissima decise di dar vita a un luogo più salubre, e di più facile accessibilità, per la cura dei mendicanti. Ecco allora la prima struttura sanitaria, embrione dell’attuale Civile, proprio lungo rio dei Mendicanti.
«Un’operazione lungimirante», spiega il direttore Po’, «che portò alla realizzazione di uno dei primi progetti di ospedale in senso moderno». Nell’insula di San Giovanni e Paolo, tuttavia, esistevano già precedentemente altre strutture destinate al ricovero, una su tutte l’ospedaletto dei derelitti.
Arrivò poi l’epoca delle dominazioni, prima francese e poi austriaca, con la soppressione delle entità morali e la creazione nel 1819 degli Ospedali Riuniti Civili. Questo nuovo, riunificato ente giuridico arrivò a comprendere anche la duecentesca scuola Grande di San Marco, dal ’400 spostatasi a Castello. Tant’è che fino alla prima guerra mondiale, la sala capitolare ospitava fino a un centinaio di pazienti.
Fu così che venne a crearsi un’unica struttura ospedaliera che comprendeva, appunto, la Scuola Grande, l’ex ospedale dei Mendicanti, il convento domenicano dei santi Giovanni e Paolo, il convento di Santa Maria del Pianto. «Ed è in questo luogo che è avvenuto il felice incontro tra la dimensione della cura e della cultura», scandisce Mario Po’. Per il direttore della Scuola Grande, il valore dell’ospedale veneziano sta nella sua storia antichissima e che tuttavia continua a vivere ogni giorno.
«Qui viene dimostrato che la duplice dimensione di terapia e bellezza può coesistere», spiega, «possono essere distinte ma entrambe sono finalizzate alla persona: vale per chi viene a curarsi che beneficia della bellezza del luogo, vale anche per chi ci lavora.
Qui è conservato il museo della storia della medicina, una biblioteca monumentale con 20 mila volumi, un archivio storico il cui primo atto risale al 1194, una farmacia intatta del ’700, un museo di anatomia patologica, opere del Veronese, del Tintoretto, del Guercino.
Venezia con il suo ospedale Civile, con l’invenzione dei lazzaretti e del ministero della salute, ha dato un contributo eccezionale alla medicina occidentale».
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