Truffa alle assicurazioni Quattro medici indagati

DOLO. Anche quattro medici di Treviso e Padova, specializzati in fisiatria e oculistica, in qualità di periti di parte, risultano indagati con l’accusa di falso in certificazione pubblica, nell’ambito dell’inchiesta su una raffica di incidenti stradali “sospetti”, condotta dalla procura di Venezia: avrebbero redatto almeno una settantina di referti medici e stilato una decina di relazioni legali, senza aver mai visitato i pazienti.
Nelle prossime ore il pubblico ministero lagunare Francesca Crupi firmerà l’avviso di chiusura indagini, e le difese potranno acquisire copia degli atti, valutando così l’opportunità di chiedere nuovi interrogatori o un supplemento d’indagine. Per la verità, almeno tre dei quattro camici bianchi coinvolti nella vicenda avrebbero già espresso l’intenzione di avanzare istanza di patteggiamento, per definire quanto prima un procedimento sempre coperto dal più stretto riserbo.
Da quanto si è appreso, l’inchiesta sui medici è soltanto una costola della ben più ampia indagine sui falsi incidenti stradali, avviata ancora il 5 marzo 2010 dai carabinieri di Dolo, sulla base di un esposto firmato da alcune compagnie di assicurazione che denunciavano di essere state truffate. E in effetti le indagini dei militari hanno rivelato che in alcuni casi non soltanto i sinistri venivano “aggravati”, al fine di ottenere indennizzi più cospicui. Ma in altri casi i sinistri sarebbero stati addirittura “inventati”, con prove e documentazioni false costruite a tavolino. Come quelle prodotte, ad esempio, per decine di incidenti, denunciati tra l’aprile del 2010 e lo scorso febbraio, nei territori dei comuni di Annone Veneto, Mestre e Salzano. In merito a questo filone d’indagine, sono cinque le persone indagate: c’è la legale rappresentante di una nota agenzia infortunistica di Spinea, considerata la mente del raggiro, e due suoi stretti collaboratori. E ci sono anche l’amministratore e il segretario di un centro medico di Dolo presso il quale i quattro medici coinvolti si sarebbero recati a sottoscrivere i falsi referti, senza aver mai visitato i pazienti, prescrivendo terapie.
Trenta mesi fa, nel momento in cui l’inchiesta sfociò in una decina di clamorose perquisizioni, si stimò per le assicurazioni un danno complessivo di quasi 500 mila euro. Anche perché, con il sistema escogitato dagli indagati, le compagnie rimborsavano cifre variabili dai 141 ai 726 euro per visite specialistiche e prestazioni mediche in realtà mai sostenute. Tuttavia dopo gli accertamenti di carabinieri e procura, l’entità della truffa sembra essersi ridimensionata.
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