Tre settimane in Africa per portare l’acqua nei villaggi più poveri

Lucio Semenzato, titolare della Idro Arte di Maerne, ha portato la sua esperienza in Mozambico per trivellare pozzi artesiani con la Caritas 

la missione

Un lungo viaggio per procurare un bene prezioso. È quello che ha fatto in agosto, per tre settimane – è rientrato in Italia il 31 – Lucio Semenzato, titolare della Idro Arte di Maerne di Martellago, azienda che lavora nella trivellazione e manutenzione di pozzi artesiani e che è nata dalla volontà dello stesso Lucio e del fratello Lorenzo di investire nel campo della ricerca dell’acqua e dei suoi più utili e rinnovati impieghi, ben 18 anni fa e che adesso vede impiegato nell’attività anche il figlio di Lucio, Luca.

Un viaggio impegnativo sino in Mozambico, spinto dalla solidarietà e dalla volontà di mettere a disposizione le proprie competenze e risorse professionali.

«Quest’anno ho accettato l’invito di un mio amico, Gabriele Tosatto, che aveva fatto la stessa esperienza l’estate scorsa», racconta Lucio Semenzato, «lui ha le stesse mie conoscenze, visto che lavora in un’azienda di Loreggia che fa sempre trivellazioni. Gabriele era partito con l’associazione “Amici per l’Africa Onlus” di Trebaseleghe che fa volontariato in Mozambico e aveva aderito a un progetto finanziato dalla Caritas tedesca per costruire pozzi artesiani in Africa».

Ritrovati i fondi anche quest’anno, è stato così possibile ripartire per un’altra missione. «Avevo chiesto a Gabriele di poter provare questa esperienza, così quando ho avuto la possibilità sono partito con lui», ha raccontato Lucio dall’Africa tramite un collegamento Internet precario nella residenza delle suore che lo hanno ospitato a 30 chilometri da Beira.

Le giornate in Mozambico: «Ci alziamo ogni mattina alle 5 per finire i lavori commissionati dal vescovo di Beira prima che venga buio alle 17. Siamo riusciti a costruire 6 pozzi. Ogni giorno dobbiamo fare almeno 200 chilometri con il fuoristrada, avanzando nel nulla, per poter arrivare nei piccoli villaggi che non hanno acqua potabile. E non solo. Arrivati lì, non essendoci nemmeno la luce elettrica, i pozzi terminati vengono attivati manualmente, ma sono già un grande progresso perché sono finalmente vicini alle loro capanne, senza che le donne, a cui spetta il compito di raccogliere l’acqua, siano costrette a fare tanta strada per pochi litri».

E non è l’unico problema che questi volontari devono affrontare: «Io e Gabriele ci mettiamo le nostre competenze professionali per la trivellazione e per insegnare alla gente del posto alcune tecniche di scavo, poi ci sono anche Andrea Bortolato da Noale e un meccanico, Silvano Reginato, da Trebaseleghe. Silvano è una presenza fondamentale perché se il nostro fuoristrada dovesse fermarsi senza di lui saremmo lontani da tutto». Insomma un’esperienza che lascia il segno: «Da rifare certo… Quando sei qui, di fronte alla povertà più assoluta, capisci quanto siamo fortunati nei nostri Paesi. E nonostante tutto la gioia e la voglia di vivere e giocare dei bambini ti riempie di gioia, ogni giorno». —

Alessandro Torre

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia