Tre furti in due mesi al negozio di vestiti in Campiello Meloni: ladri in fuga con le borse
L’ultima visita nella notte tra domenica e lunedì nell’esercizio del sestiere di San Polo. La titolare: «Dopo la prima volta abbiamo installato un vetro antisfondamento, ma non è bastato»

Tre furti in appena due mesi. Nella notte tra domenica e lunedì, la serratura d’ingresso di un negozio d’abbigliamento in Campiello Meloni, nel sestiere di San Polo, è stata scassinata. I ladri hanno portato via otto borse esposte in vetrina e sugli scaffali. Si tratta del terzo episodio ai danni dello stesso esercizio commerciale in meno di sessanta giorni.
«La prima volta hanno sfondato il vetro per rubare il fondo cassa ed il tablet che usiamo per riprodurre la musica nel negozio», racconta la titolare, «dopo quell’episodio abbiamo installato un vetro antisfondamento. Ma non è bastato: venerdì scorso hanno forzato i cardini della porta per portare via il nuovo tablet, il fondo cassa e persino un ferro da stiro».
Nel colpo di domenica notte, i ladri si sono concentrati esclusivamente sulla merce. «Hanno forzato la serratura e sono entrati ancora una volta», prosegue, «a darci l’allarme è stato il nostro fabbro che, passando davanti al negozio di prima mattina, si è accorto che la porta era stranamente aperta. Ormai non ci sentiamo più sicuri».
Al problema dei furti negli esercizi commerciali e nelle abitazioni si aggiunge quello dei borseggiatori. Campiello Meloni si trova in un punto nevralgico della città, collega campo San Polo al ponte di Rialto. Il flusso continuo di turisti favorisce l’azione dei pickpocket. Sui muri delle calli abbondano cartelli d’avvertimento, scritti in più lingue.
«Dopo la pandemia la situazione è peggiorata, ma i controlli non sono aumentati», osserva una dipendente della Pasticceria Rizzardini, «i borseggiatori si confondono facilmente tra i passanti. Di notte, poi, mancano i controlli».
L’aumento della microcriminalità è la triste, diretta conseguenza dello spopolamento. Tra i residenti rimasti cresce la preoccupazione.
«Credo sia arrivato il momento di porre al centro il senso di comunità per innescare una riflessione condivisa su che tipo di città vogliamo», osserva il regista Mattia Berto, residente nella zona, «Venezia è storicamente una realtà sicura, ma negli ultimi anni sta subentrando la paura. Sarebbe opportuno promuovere un dialogo costruttivo tra cittadini, istituzioni e forze dell’ordine per individuare possibili soluzioni».
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